20 aprile 2013

Scegliere il passato


di Ilaria Lezzi

Ciò che si è concluso oggi è il paradigma del decisionismo politico italiano. Dibattiti da conclave -il Papa è stato eletto in meno tempo- , eterne disapprovazioni e ripicche personali per poi tornare al punto di partenza. Figuriamoci per le questioni veramente urgenti ed importanti (con tutto il rispetto). SCEGLIERE IL PASSATO. Rimanere per paura di cambiare. Fa riflettere, tanto. L'immagine che si da alla società non è certo confortante, a quella che ricorda, a quella che è stufa, a quella che si fida ma poi scopre celati siparietti. Una società che coraggiosamente, nonostante la nausea, ha voluto scegliere il cambiamento cinquantacinque giorni fa. Cosa si ripete, ancora, a questa gente che si chiama Italia? Che sì è seduti su quelle poltrone di velluto per il cambiamento ed il progresso dell'Italia?
Non ho niente contro Napolitano, sia chiaro ed il mio non è nemmeno un monologo politico o un'arrabbiatura tesserata. Credo sia una questione morale, quasi profetica. Ecco, profetica forse è la parola giusta. Perchè, l'ironia della sorte vuole - e forse parte di quelle camicie azzurre non ricordano- che un siparietto simile era andato in onda ventuno anni fa.

Il 3 giugno 1992 Stefano Rodota' era il candidato alla Presidenza della Camera e il PDS alla prima piccola vendetta contro il suo presidente così "poco malleabile e indipendente" gli preferì Giorgio Napolitano, capo dei miglioristi.


Il framework dell'allegorica scenetta era sempre lo stesso: votazioni a vuoto e toni accesi. Le parole usate da Rodotà furono: "Questa e' una conclusione annunciata: altri hanno deciso come andra' a finire la vicenda. Il senso politico di quel che sta avvenendo e' sotto gli occhi di tutti. Si tratta di una partita con un finale annunciato da molti giorni, e del quale ero ben consapevole. L' ho giocata per vedere se era possibile prendere sul serio le molte cose che si dicono sulla nuova politica. Penso di aver dato un piccolo contributo alla "politica in pubblico" alla quale sono da sempre affezionato. A qualcuno non e' piaciuto. Una piccola schiera di imbecilli ha ridotto tutto a una fame di poltrone che, se fosse esistita, molti erano pronti a saziare con ragguardevoli bocconi". Nomi apparte, che son gli stessi - e non solo i loro due: gran parte dei nostri attori erano già tutti attivi - sembra essere, a leggerlo oggi, il copione di un vecchio classico, oggi rispolverato da un regista alle prime armi. Chi sapeva come era andata a finire, spero, che oggi abbia agito per evitare quella stessa fine.

Visto che allora in Italia va di moda rispolverare i classici, nonostante non ami la moda, mi pare dovere morale rispolverarne anche io uno. Scelgo le parole di Enzo Biagi poco prima di quel 27 marzo 1994 che avrebbe sancito la nascita della Seconda Repubblica:“Tutto dovrebbe cambiare: però, di solito, nel nostro paese, mutano di posto i suonatori, ma la musica resta sempre la stessa. C’è stato un tale rimescolio di candidati, dalle vecchie liste ai nuovi simboli, con un tripudio di conversioni da sinistra a destra e viceversa, che la via di Damasco, se facesse parte della topografia nazionale, dovrebbe essere gremita come Piccadilly Circus la notte di Capodanno.”

Ad maiora!