17 aprile 2013

La lunga ombra di Margaret Thatcher: storia della “Iron Lady” - parte I

(fonte: telegraph.co.uk)


 di Marco Saccardi, con introduzione di Filippo Barbagli

Oggi, nella cattadrale londinese di Saint Paul, nel cuore della City finanziaria, si sono svolti i solenni funerali di Margaret Thatcher, primo ministro britannico dal 1979 al 1990, deceduta lo scorso 8 aprile ad 87 anni. La frase più in voga, ed anche più azzeccata, in questi ultimi giorni coglie appunto il peso e l'eredità che questo personaggio lascerà al suo paese ed alla Storia. Di lei si dice che è stata o amata al massimo, od odiata in egual misura

 
Ma l'oggettività storica, a cui l'autore dell'analisi che segue si richiama e si basa magistralmente, richiede comunque una considerazione. Nel bene e nel male, la signora Thatcher ha cambiato le sorti del suo paese come pochi avevano fatto prima di lei, e si è fatta paladina di una teoria economica, ma per i suoi risvolti innanzitutto politica, che è stata abbracciata o imitata da molti negli anni successi. 


Con tutte le conseguenze che ne sono derivate. In questi casi è sempre difficile stabilire una giustezza totale od una mala eredità,  perché le ricadute delle sue scelte hanno comportato risvolti negativi per alcuni e positivi per altri. La sua inversione di rotta, la sua incisività storica sono innegabili. E lo dimostra la presenza della Regina Elisabetta II - sempre imparziale e distinta super partes tra i partiti- al funerale del primo ministro, fatto che non avveniva dalle esequie solenni di Churchill. 
Tuttavia è innegabile che le azioni di high politics lasciano sempre un'eredità pesante, cui bisogna confrontarsi negli anni successivi. E Margaret Thatcher ha lasciato al suo paese, a nostro avviso, un fardello pesante, una frattura sociale ed ideologica quasi insanabile. E ci accingiamo a dimostrarlo.
Ma oggi le campane di Saint Paul suonavano solenni, e grandi frasi d'occasione sono state pronunciate. Il primo ministro Cameron ha invocato al "rispetto", senza dimenticarsi la mancanza di esso che spesso il suo illustre predecessore ha avuto nei confronti degli avversati. Ma oggi le campane di Saint Paul ci ricordavano l'ipocrisia della messa in scena della Storia da parte della politica. Perchè le esequie del campione del liberismo e delle privatizzazioni sono costate ai contribuenti milioni di sterline (fonti web parlano di almeno 10mln di £). Margaret Thatcher si vantava di smantellare il welfare state, lo Stato che si prende cura del cittadino dalla culla alla tomba. Però oggi quello Stesso stato ha pagato il conto per portarla alla sua tomba. Un conto che si aggiunge ad un prezzo sociale già salato, come ci hanno dimostrato e ci dimostreranno gli anni futuri.

(l'articolo è stato scritto pochi giorni dopo l'annuncio della morte dell'ex primo ministro)
Mi è stato chiesto di avventurarmi nella controversa vicenda storica e politica di una grande figura del Regno Unito venuta a mancare tristemente in questi giorni dopo una logorante malattia. I suoi titoli sono altisonanti: The Iron Lady, la Donna coraggiosa e intraprendente, la Donna con le palle (perdonate la volgare citazione). Dietro all’ultimo respiro di Margaret Thatcher si sentono già gli scroscianti applausi e il coro di voci dei potenti europei e statunitensi che partecipano alla gara del cordoglio. Il suo funerale sarà un grandioso spettacolo tipicamente britannico, volto a glorificare questo nuovo idolo dalla indubbia caratura personale come leader politico. Ma nel raccontare la sua storia non si può non ascoltare gli echi della rabbia e delle proteste di chi ha pagato la sua grandezza, il rumore delle macerie di esplosioni che hanno aperto una delle fasi più sanguinose delle guerre civili dell’Europa contemporanea e nemmeno possiamo evitare l’ombra lunga del suo operato, che ancora oggi condiziona pesantemente non solo la politica interna al Regno Unito ma il nostro intero continente. Uno storico nel raccontare i fatti deve attenersi al dogma, tutt’altro che immutabile, dell’obiettività e della giusta selezione veritiera dei dati e delle fonti. Ma l’obiettività assoluta, immutabile e al di fuori del tempo non è altro che vuota astrazione. Già la scelta delle fonti comporta un’interpretazione dei fatti secondo il giudizio personale dello storico. Il giudizio prestabilito e immutabile, vuoto di ogni interpretazione, non può esistere nella storia contemporanea e si evolve all’interno della stessa storiografia. Senza il quale la storia si trasformerebbe in un calderone di meri avvenimenti casuali elencati e sconnessi tra di loro, privi di ogni significato e impossibili da inserire in una proiezione temporale.

La storia non è altro che una serie di atti compiuti dai politici nell’intento di perpetuare l’enorme ricchezza di pochi con l’apertura di nuovi mercati mentre le masse popolari sono schiacciate dal lavoro”. Questa citazione dello storico inglese Edward H. Carr (tutt’altro che marxista anzi erede della storiografia di Thompson che portò avanti una critica al marxismo) dovrebbe essere letta dall’arcivescovo anglicano nella cattedrale di Westminster al momento delle esequie solenni della “Iron Lady”. Ci saranno presumibilmente molti commenti su Margaret Thatcher nel corso dei prossimi giorni, anche se probabilmente non come il “Reagasm” (in onore del tripudio scoppiato in onore del presidente Reagan nel 2004, gioco di parole tipicamente inglese tra il cognome del presidente e la parola “orgasm”). E ci saranno, in particolare, molte affermazioni circa il fatto che la Thatcher ha trasformato la moribonda economia britannica dopo il governo laburista di Callaghan in una florida economia e ha indirizzato nella giusta direzione il rilancio economico del Regno Unito. Nel 1979 al momento dell’elezione della Thatcher come leader del paese il Regno Unito era una nazione con enormi problemi economici, con un PIL pro capite nettamente al ribasso rispetto a quello della Francia, sua eterna rivale nella politica internazionale. Situazione venutasi a creare anche a causa del governo conservatore di Edward Heath al potere nel 1970, che ha portato avanti una pesante politica liberista tentando di ridimensionare il ruolo dello stato e quello dei sindacati introducendo l’Industrial Relations Act. Ma la crisi petrolifera e i violenti scioperi scoppiati dopo le misure del governo affossarono la nazione in una recessione molto forte. Il governo successivo laburista di Harold Wilson non riuscì a fermare la violenta inflazione che aveva colpito il Regno Unito e la crisi economica si avviava verso l’irreversibilità. Inoltre sorsero i primi problemi legati all’immigrazione dai paesi del Commonwealth, con le proteste dei conservatori e le tensioni razziali derivate da queste. Con la ricerca delle risorse petrolifere nel Mar del Nord e la volontà strategica di tenere sotto stretto controllo l’Irlanda del Nord, sorsero i primi sussulti di una bomba pronta a esplodere rappresentata dalle tensioni con l’IRA (Irish Republican Army). Unica nota significativa fu rappresentata dal risultato elettorale del Referendum del giugno 1975, grazie al quale con una maggioranza del 67,2 % la Gran Bretagna sarebbe rimasta nella Comunità Europea. Il governo di Callaghan del 1976, dopo il ritiro di Wilson, seppe approfittare delle condizioni favorevoli presenti, con l’attenuarsi della crisi petrolifera e la normalizzazione dei mercati internazionali, oltre alle prime ancora modeste risorse derivate dalle scoperte petrolifere nel Mar del Nord. Callaghna riuscì a stabilire un patto sociale con le Trade Unions che regolamentarono le rivendicazioni sindacali attenuando i conflitti sociali. L’inflazione venne contenuta e fermata al 13 % nel 1977. Ma il peggioramento economico e sociale precedente portarono a una crescente divaricazione delle culture politiche, con l’estremizzarsi della politica laburista scontenta del “centrismo” di Callaghan che richiede una più centralità del ruolo dello stato e dal lato opposto una politica antistatalista e liberista portata avanti dal partito conservatore, favorendo così l’individualismo e il privatismo. Con la vittoria del partito Conservatore nel 1979, il governo di Margaret Thatcher, prima donna ad assumere prima una carica importante nel partito conservatore e poi la carica di Primo Ministro in Gran Bretagna, portò un radicale mutamento nella strategia di politica economica. La svolta assume rilevanza, anche ai fini dell'analisi economica, per la netta contrapposizione con la politica keynesiana del passato e la vittoria del liberismo di Friedman. Le dottrine economiche monetariste e della nuova “macroeconomia” classica di cui la Thatcher si fece promotrice che, almeno inizialmente, tentò di applicare incondizionatamente alla realtà conquistarono ampi strati di cittadini britannici che non trovavano una risposta nelle ricetta laburista contro la crisi. La rivoluzione politica di Margaret Thatcher (e del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan) è la risposta del right approach a queste difficoltà. Le strategie di politica economica si modificano profondamente assumendo come propria linea di fondo: il disimpegno, ovvero l'arretramento del governo da aree d'intervento e responsabilità economica che le precedenti amministrazioni avevano occupato. È la politica del lato dell'offerta: rimozione delle restrizioni all'espansione degli affari; controllo delle spese governative per ridurre l'onere sull'economia; struttura fiscale caratterizzata da una più bassa tassazione per favorire le remunerazioni delle imprese e delle capacità professionali; privatizzazione delle industrie nazionalizzate; abolizione delle restrizioni sul sistema bancario, sulla finanza internazionale; e infine liberalizzazione del mercato del lavoro (l'Employment Act del 1980 diretto a ridurre lo spazio dell'attività sindacale è il primo atto dell'amministrazione Thatcher). Gli effetti di questo disimpegno si manifestano da subito sulla distribuzione del reddito e sulla disoccupazione giustificata dalla necessità di stimolare l'imprenditorialità per una ristrutturazione dell'apparato produttivo, e delle connesse relazioni sociali, fondato sulla ricerca di una maggiore efficienza produttiva, raggiungibile attraverso una disciplina interna più severa: la reintegrazione degli incentivi economici è più importante dell'uguaglianza. L'obiettivo è una società di proprietari sostenuti da un mercato dei mutui liberalizzato, che non può essere che di supporto alla visione conservatrice della società. L'abbandono della funzione di regolatore diretto ed indiretto dell'economia da parte dello Stato risulta particolarmente incidente, non solo per le liberalizzazioni e deregolamentazioni interne in campo industriale, ma soprattutto per le relazioni finanziarie internazionali. Sono scelte che trasformano la struttura produttiva del paese; alla deindustrializzazione corrisponde una rapida espansione dell'industria dei servizi in particolare delle attività legate alla finanza nazionale ed internazionale: la City è stato il principale beneficiato di questo modello. Il progetto Thatcher non è solo un nuovo modello di politica economica ma ha rappresentato anche una nuova proposta di aggregazione sociale intorno a un nuovo modo di sviluppo. Ma costruire una società più flessibile significa restringere i costi pubblici a una più ristretta cerchia di popolazione. Ne consegue il lungo processo di riforma dello stato sociale (sanità e istruzione) con l'obiettivo di sostituire la logica sociale con quella di mercato riportando a livello individuale il rapporto tra prestazioni e contributi e per quanto riguarda i sussidi di disoccupazione condizionarli da politiche di welfare to work per evitare nei beneficiari atteggiamenti di scarsa disponibilità nella ricerca di nuovo impiego. Si afferma una visione di una società fondata sul superamento delle istituzioni del welfare e del potere di contrattazione sindacale e quindi su un sistema di relazioni sociali che trovano nell'interesse del capitale privato la condizione di progresso per tutti. La concezione del ruolo pubblico che orienta Margaret Thatcher è ben riassunta dalla sua affermazione che «There is no such thing as society»: «non esiste una cosa come la società. C'è solo l'individuo e la sua famiglia» nella convinzione che l'unica realtà istituzionale in grado di garantire il progresso sociale sia quella fondata su strutture di mercato. Ma la congiuntura internazionale che gravò nel 1980 sull’economia europea portò a un brusco rallentamento dei suoi programmi e alle prime contestazioni ed agitazioni sociali. La guerra delle isole Falkland contro l’Argentina, che le rivendicava come parte del suo territorio, portò una ventata di ossigeno e consensi all’operato della Thatcher. Gli argentini che le chiamano Malvinas le occuparono nel 1982: la Gran Bretagna reagì duramente con una gloriosa offensiva militare delle forze della marina di sua Maestà sconfiggendo l’Argentina e facendo cadere il regime militare nel paese. La Thatcher seppe sfruttare ed enfatizzare l’ondata di nazionalismo inglese e la rinascita dello spirito imperialistico, tenendo alta la sua popolarità nell’elettorato, grazie anche alle favorevoli condizioni economiche venutesi a creare nel 1982 che risollevarono l’economia (la buona produzione petrolifera nel Mar del Nord, caduta inflazione, rapido incremento del prodotto interno). A spese però di un 12 % della popolazione che cadde nella disoccupazione e di molte imprese che vennero riconvertite selvaggiamente a causa delle sue misure governative liberiste. Nel 1983 esplode il caso Thatchergate. La banda anarco-punk Crass, fortemente anti-thatcheriana, pubblica un disco di estratti di discorsi pubblici del Primo Ministro Thatcher e del Presidente Reagan. La registrazione venne presentata come un'intercettazione telefonica tra i due, in cui la leader britannica sembra far intendere che il cacciatorpediniere HMS Sheffield D80, impegnato nella guerra delle Falkland, sia stato sacrificato dalla stessa Thatcher al fine di provocare una aggravarsi della guerra, visto che (secondo la ricostruzione) Reagan esortava l'alleata a concludere pacificamente il conflitto. Così le elezioni del 1983 la riconfermarono come Primo ministro, ottenendo una sicura maggioranza con 397 deputati eletti del partito conservatore. Negli anni successivi portò avanti la sua rivoluzione conservatrice, in concomitanza con la politica di Reagan negli Stati Uniti “meno tasse-meno Stato”. Il suo fu un attacco allo stato del benessere di matrice laburista, accusato di essere sinonimo di stasi produttiva e parassitismo sociale. Smantellando le politiche sociali laburiste, portò a un tasso di crescita alto del 2,6 % (alto rispetto al tasso medio della Comunità Europea che era dell’1,8 %). Aumentarono li investimenti soprattutto da privati e delle industrie, si ridusse il debito pubblico e l’inflazione scese sotto il 4%. Ma chi pagò le spese di questa politica? Il colpo maggiore fu inferto al campo sociale: ampia politica di denazionalizzazione delle industrie e dei servizi, diffusione dell’azionariato operaio delle imprese, il servizio sanitario nazionale fu colpito da ampi tagli, il sistema di istruzione di scuola inferiore e quello universitario e le regioni del Regno Unito nella quale la riconversione industriale delle imprese manifatturiere provocava la chiusura di molte imprese ed emarginazione sociale degli strati più deboli. Le regioni che erano quelle del Nord e del Centro, che più avevano ostacolato la politica conservatrice della Thatcher. Nel 1984 uno degli atti più duri della sua politica: la sconfitta del sindacato dei minatori e la chiusura di molte miniere, le cui restanti in gran parte vennero privatizzate. Migliaia e migliaia di minatori si ritrovarono impoveriti e con le famiglie sul lastrico.
continua...