22 ottobre 2013

L'importanza dell'eredita' di Tony Blair

Tony Blair è indiscutibilmente il mio personaggio politico preferito. Mi affascina ciò che ha fatto; quello che è stato. Tony Blair incarna alla perfezione il mio ideale di leader politico (vincente). Tony Blair, infine, è un laburista; e ha vinto e governato, da laburista.
L’ultimo discorso di Tony Blair da leader del partito e Primo Ministro, quello del 26 settembre 2006, a Manchester, in occasione del “Labour Party Annual Congress”, io lo ritengo uno dei più riusciti e bei discorsi politici che abbia mai avuto l’occasione di ascoltare. Per forme, stile e contenuti. Emozionante, oserei dire.

I tempi cambiano, le circostanze mutano. Tony Blair ha interpretato alla perfezione lo spirito del tempo del momento storico in cui si è trovato a guidare il Labour e l’opera che ha portato a termine è stata quella appropriata per quel momento.
I tempi cambiano, le circostanze mutano. Ma certi insegnamenti, certi convincimenti, quelli restano. E attraversano il tempo.
Su quelli noi dovremmo approfonditamente riflettere. E’ quella, in fondo, l’eredità che l’esperienza di Tony Blair lascia anche alle forze del centrosinistra italiano.
Credo che valga la pena riportare alcuni dei passaggi del discorso di Manchester, i più significativi, a mio parere. Questi:
The beliefs of the Labour party of 2006 should be recognisable to the members of 1906. Full employment; strong public services; tackling poverty; international solidarity. The policies shouldn't. The trouble was for a long time they were.”
"Le idee del Partito Laburista del 2006 dovrebbero essere riconoscibili ai membri del 1906. Piena occupazione; servizi pubblici forti; lotta alla povertà; solidarietà internazionale. Le politiche pubbliche, invece, non dovrebbero esserlo. Il problema è che, per lungo tempo, lo sono state."
The lesson is always the same. Values unrelated to modern reality are not just electorally hopeless, the values themselves become devalued. They have no purchase on the real world. We won not because we surrendered our values but because we finally had the courage to be true to them.”
"L’insegnamento è sempre lo stesso. I valori estranei alla realtà moderna e contemporanea non sono solo elettoralmente senza speranza, ma perdono il loro stesso valore. Essi non hanno alcuna presa sul mondo reale. Noi non abbiamo vinto non perché abbiamo abbandonato i nostri valori, ma perché abbiamo finalmente avuto il coraggio di essere loro fedeli."
They say I hate the party, and its traditions. I don't. I love this party. There's only one tradition I hated: losing.
"Si dice che io odi il partito, e le sue tradizioni. Ma non è vero. Io amo questo partito. C’è solo una tradizione che ho sempre odiato: perdere."
Riflettiamo sulle parole che ormai sette anni fa Tony Blair pronunciò a Manchester. E riflettiamo su ciò che Tony Blair ha fatto per il suo partito e per il suo paese. Magari può essere utile al prossimo congresso del Partito Democratico.
(Qui potete leggere il testo del discorso; qui, invece, i link per i video: parte 1, parte 2, parte 3, parte 4).


Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/beleid/l-importanza-dell-eredita-di-tony-blair#ixzz2iSw1weqA
Prendo spunto da questa "interessante" conversazione tra la Gruber e Matteo
( http://www.la7.tv/richplayer/index.html?assetid=50363152 ) per scrivere due righe su un argomento a me molto caro: l'istruzione superiore in Italia.
Tralasciando l'incredibile ( tale per un personaggio che vorrebbe essere il leader politico di questo paese ) ignoranza sull'argomento, mascherata dalla sua solita retorica, quello che mi stupisce di più è che non ho sentito nessuno nè in questa intervista nè in altre costruire. un discorso concreto sull'Università Italiana.
Ci provo io.
Ad oggi tutti fanno un gran parlare di ranking, il primo è proprio Teo che cita correttamente la  non invidiabile posizione dell'Ateneo di Bologna il quale vanta la 188° posizione nella classifica mondiale, primo tra le Università italiane.
Ma queste liste servono a qualcosa, davvero? In un paese come l'italia ovviamente la risposta è "no". Questo, a mio parere, perchè l'Università Italiana si basa su di un finanziamento pubblico, non ha grandi afflussi di studenti dall'estero ( cioè non ha molto appeal ) e quindi la poszione nel ranking non influisce, come succede in altri paesi, sui fondi che essa riceve o sugli studenti che fanno domanda per essa. Detto ciò, è veramente come ha detto il nostro amato sindaco, che il vero problema dell'università sia il "gelminiano baronato"?
Anche qui, secondo me, la risposta è "no". Non fraintendiamo, il problema esiste, eccome, ve lo dice chi ha vissuto e lavora nel mondo dove il baronato si esprime nelle sue forme meno eleganti e più concrete ma non è quwesto che frena gli Atenei  e lo si può dimostrare. Dati alla mano, possiamo smentire immediatamente due luoghi comuni: troppi laureati/ troppi professori ed un offerta formativa ipertrofica per abitante. Infatti questa storia è stata per anni ripetuta a tutti dalla maggior parte degli organi di stampa ma è davvero così? come spesso accade, no e lo dimostriamo dati alla mano. In Italia, considerando anche le Università Telematiche ( sulla qualità formativa delle quali non mi esprimo ) il numero di Atenei per milioni di abitanti è imbarazzante (Fig.1) così come, anche peggio, è il dato relativo alla % di abitanti tra i 25 ed i 34 anni con un titolo di studio (Fig.2)
      
Fig.1 Numero di Atenei per abitante                                  Fig.2 Percentuale della popolazione “giovane” con in mano una laurea

A mio parere il dato incredibile è proprio quest'ultimo, soprattutto perchè è in netto contrasto con l'opinione pubblica che ormai in Italia tutti fanno l'Università e non lavorano, che i giovani Italia si parcheggino negli Atenei, supportati da mamma e babbo. Dati alla mano, non è così.
Detto ciò, torniamo al problema del ranking. Dell'utilità nel nostro paese ne ho già discusso, quello che mi preme è focalizzarmi su due argomenti principali:

- concorrenti nella classifica
- l'unico ranking che dovrebbe contare per le università

-Riguardo ai concorrenti, per essere paradigmatici prendiamo la prima della classe cioè Harvard University che ogni anno riceve la bellezza di quasi 5MLD $
( http://harvardmagazine.com/2012/11/harvard-reports-break-even-financial-2012 ) con cui deve amministrare nove Facoltà mentre l'Università Italiana, TUTTA, prende fal FFO nemmeno 6 MLD, per amministrare 66 Atenei ( http://www.camera.it/temiap/temi17/FFO-2013.pdf ). Come si fa a concorrere ad armi pari? Impossibile. Si potrbbbe parlare dell'argomento "finanziamento all'università" ma il discorso sarebe lungo, troppo e magari scriverò qualcos'altro in questi giorni.
- I ranking che vengono pubblicati ogni anno e che ogni anno ci ricordano come l'italia sia fuori classifica non sono specchi veritieri della "salute" della ricerca universitaria in Italia. Da un lato questo ci denigra perchè facciamo sempre la figura dei perecottari, dall'altra ci dovrebbe esaltare perchè nonstante la situazione allarmante appena descritta se andiamo a vedere i dati pubblicati da SCIMAGO, per il periodo 1996-2012 (http://www.scimagojr.com/countryrank.php)  l'Italia si posiziona ad un invidiabile ottavo posto. Questa particolare classifica viene stilata in base al numero di articoli accademici accettati dalle riviste di riferimento e di citazioni in altri articoli e libri di testo degli autori degli stessi. Cioè valuta il "peso specifico" di ciò che gli universitari italiani pensano e scrivono, ossia l'importanza che la ricerca italiana ha nel mondo. Ecco allora che, secondo me, questa dovrebbe essere l'unica classifica utile per valutare la salute dell'Istruzione Superiore nel nostro paese.
Ora, quindi, cosa ce ne facciamo degli "hub della ricerca" proposti da Matteino?

Ovviamente nulla, trattasi di altra proposta demagogica che in concreto non significa nulla. Invece di riprendere vecchi temi dell'epoca nera della Gelmini perchè il Renzi non parla di come passare più fondi alla ricerca e di come trovare ulteriori sovvenzioni per i nostri Atenei. Il sottoscritto ha un idea molto diversa da quella della maggior parte della gente con cui ha parlato su come dovrebbero arrivare i fondi alle Università, idea su cui non mi soffermerò ma voorei che i nostri presunti leader cominciassero a parlarne, a discutere meno di Ruby e più di Uni.