13 dicembre 2012

Per il diritto di voto a 16 anni

  
La "presidenta" Kirchner (Getty)
di Filippo Barbagli

Il 10 settembre scorso il Parlamento Europeo ha emesso una dichiarazione per l'istituzionalizzazione del diritto di voto dal compimento del sedicesimo anno d'età. La mossa rientra nell'ottica dell'iniziativa lanciata dal Forum Europeo della Gioventù, « vote@16 », nata da una risoluzione del 2006. Attualmente la situazione in Europa si articola nella seguente maniera: il voto a 16 anni è possibile in Austria, nelle dipendenze della Corona britannica (Isola di
Man, Jersey e Guernsey), in alcune entità territoriali di Norvegia, Germania e Svizzera.
Non si tratta di un dibattito nuovo, e soprattutto è sparso in tutto il mondo. Per esempio, in America Latina è già una realtà in molti paesi,  come Brasile, Ecuador, Nicaragua e l'Argentina, dove la legge che ha abbassato l'età per votare è stata approvata dal Congresso i primi del mese ed entrerà in vigore dalle prossime elezioni legislative del 2013.

Il caso dell'Argentina ha riportato sotto le luci della ribalta dell'opinione pubblica mondiale la questione. In tale occasione in molti critici hanno voluto sottolineare come tale iniziativa legislativa, fortemente voluta dalla presidente Kirchner, sia stata dettata dalla volontà di aumentare il bacino degli elettori (ovviamente favorevoli
alla presidienta perennemente in lutto) di circa mezzo milione di voti (il 5%), dopo che vari sondaggi hanno dimostrato la sua enorme popolarità tra gli adolescenti. E trovatemi qualcuno che non legga ormai i sondaggi come materiale scientifico-biblico inappellabile.
Volontà politiche (a mio parere giuste) a parte, bisogna comunque sottolineare come  in Argentina il diritto di voto ai 16enni sarà solo passivo (esprimere un voto, appunto) mentre quello attivo (essere eletti) scatterà automaticamente con la maggiore età due anni dopo, quando il voto sarà anche obbligatorio (in Italia purtroppo non esiste tale disposizione, in altri paesi europei come il Belgio sì).

Proprio nel nostro paese già nel 2007 il Partito Democratico, in occasione delle sue prime elezioni primarie (2007), permise il voto agli elettori sopra i 16 anni, così come nel 2009. Anche il PdL ha postulato tale possibilità  per le sue elezioni primarie del prossimo dicembre. Mentre il PD, in occasione delle elezioni di coalizione che si terranno questa domenica, ha stabilito (punto 2 dei principi regolamentari) che possono votare tutti gli elettori secondo i requisiti di legge. Un passo indietro, ancora più vergognoso perché dettato da motivi politici. Stando comunque così le cose, se (una parte) degli elettori sceglie il proprio candidato a governare il paese già a 16 anni, perché non può votare chi lo rappresenta e chi lo governa, alla stessa età?

Non per conservatorismo, ma penso che sia giusto concedere solo il diritto di voto passivo a 16 anni. Concedere quello attivo presupporrebbe l'abbassamento della maggiore età di due anni, e comunque dare la possibilità di esercitare grandi responsabilità -mi sto immaginando quelle di un parlamentare- quando ancora un adolescente non è chiamato a decidere sulla propria vita. Per questo direi: sì al voto a 16 anni, all'eleggibilità a livello comunale, ma non a quello nazionale.  I due anni che intercorrono tra la possibilità di votare e la maggiore età servirebbero ad aiutare il formarsi di una coscienza politica, un'identità della propria cittadinanza. Darei al voto per il 16enni un carattere educativo, di spinta alla ricerca di un pensiero autonomo.

Certamente è facile sostenere come dei “pischelli” non abbiano le capacità di fare una scelta politica. Ma penso che allorché sia possibile già guidare a 14 anni, lavorare e pagare le tasse due anni dopo, abbandonare la scuola dell'obbligo (quindi entrare nel mercato del lavoro), sposarsi o comunque essere consenzienti sulle proprie scelte sessuali, perché mai un sedicenne sarebbe imbelle nel formarsi una propria coscienza politica, nel corso del tempo?
“I ragazzi di oggi sono facilmente influenzabili”: è vero, ma al giorno d'oggi, con il tipo di politica mediatica e sensazionalista che viviamo, chi non lo è? Poi, due anni bastano a diventare “intelligenti”? E non vorrei sembrare irrispettoso, ma allora un centenario che soffre di demenza senile?
“Io a 16 anni pensavo a tutto fuorché la politica”: vale il discorso sopra. A parte che non è vero per tutti e che, al contrario, ci sono individui che hanno cominciato ad “interessarsi” molto dopo i 18 anni. E' questo il nocciolo della questione: un sedicenne chiamato a votare può giustamente disinteressarsi (o costringetelo a rinunciare agli svaghi del fine settimana per fare la coda al seggio!), ma gli verrebbe offerta, anzi lanciata, la possibilità di crearsi un'opinione, di sentirsi un vero cittadino, più vicino alla classe politica che lo governa. Vivere la politica con più entusiasmo: un approccio drammaticamente necessaria al giorno d'oggi.
Il concetto stesso di formazione ed educazione implica un percorso di alti e bassi, di errori da cui imparare e decisioni da prendere, idee a cui appellarsi. A 18 anni dei ragazzi non avranno mai una coscienza politica già decisa, e se ce l'avranno sarà perché avevano cominciato ad interessarsi in precedenza. Magari avrebbero voluto votare due anni prima.
Per questo plaudo all'iniziativa vote@16, sperando che un giorno si realizzi ed i giovani di domani potranno sentirsi più cittadini, esercitare un sacro diritto che i loro antenati hanno conquistato con il sangue.