17 maggio 2013

Social Winner, come la Rete ha giocato un ruolo decisivo nelle elezioni 2013


Alessandro Bezzi

Questa storia inizia all’alba del 2013, quando due esperti conoscitori delle potenzialità del web come Riccardo Luna e Marco Pratellesi decidono di creare un portale per raccontare l’imminente campagna elettorale. Assieme ad un team di giovani giornalisti, danno vita a Italia2013, un portale per aggregare in tempo reale tutti i contenuti online relativi alle elezioni. Social Winner, come la Rete ha giocato un ruolo decisivo nelle elezioni 2013 è il racconto collettivo di questo esperimento, innovativo nella forma (da quel che so, il primo esperimento di data journalism in Italia) e sorprendente nei risultati.

Come già detto, ho sempre pensato che per ragioni anagrafiche ci fosse scarsa corrispondenza tra gli umori della rete e l’effettivo comportamento alle urne, tanto più con un elettorato poco volatile come il nostro. I dati dimostrano che per molti versi mi sbagliavo, e che già ora il web può influenzare - e soprattutto prevedere  – l’esito del voto più di quanto si creda comunemente.

Programmi come Netsentiment permettono di analizzare con eccezionale precisione la performance on-line dei vari partiti, valutandola in termini quantitativi (menzioni, social impact, etc.) e qualitativi (valutazione positiva, neutra o negativa da parte degli utenti). Anche se il target di riferimento non è ovviamente un campione rappresentativo della popolazione, servirsi di strumenti simili può dire molto sul comportamento di voto. Con un margine d’errore minore di quello dei sondaggi a cui siamo abituati e, curiosamente, con gli stessi effetti discorsivi (es. una sottostima del voto alla coalizione di centrodestra).

Sul web, i processi di formazione e circolazione delle idee sono estremamente simili a quelli reali: l’autorevolezza di alcuni opinion leader ed esperti gioca un ruolo cruciale, come pure il rapporto diretto con gli interlocutori, con i quali si tende ad essere ben più sinceri di quanto non saremmo rispondendo ad un exit pool, ad un sondaggio telefonico o alla telecamera di una tv locale. E, cosa più importante di tutte, le opinioni si influenzano reciprocamente, praticamente in tempo reale.

Oltre allo studio dei flussi di discussione, il lavoro si è concentrato prevalentemente su Twitter, un social che si presta perfettamente: necessità di sintesi, hashtag ed interazioni permettono di misurare con relativa facilità l’esito di operazioni di marketing (anche) politico. Non è un caso che uno dei più interessanti progetti sui Big Data a livello internazionale sia VoicesfromtheBlog, spin off dell’Osservatorio sui social-media dell’Università di Milano, che si aggancia proprio a Twitter per captare ed analizzare gli umori della rete sui più disparati argomenti.

Twitter si presta ad una comunicazione più “istintiva” rispetto agli altri social: il limite dei 140 caratteri impone pochi fronzoli, e i giudizi che vengono dati sono sbrigativi ed estremizzati. Inoltre, a differenza di Facebook, Twitter è un social che favorisce il ricorso a link esterni per esprimersi in modo più articolato: ci si limita quindi a parole chiare per stimolare i propri follower, limitando la banalizzazione ma anche l’ambiguità.

L’utente medio di Twitter ha alcune caratteristiche specifiche: vive in un grande centro urbano, giovane, ben istruito e politicamente impegnato, per quanto scettico verso le classiche forme di rappresentanza (partiti, sindacati, etc.). In poche parole, un cittadino della “società liquida” di Bauman, che rispecchia o anticipa i grandi processi socio-culturali del nostro tempo: e che, non a caso, ha molti punti in comune con il bacino elettorale del Movimento 5 Stelle.

Con molta  sincerità,  gli autori riconoscono di aver sottostimato il boom di Grillo: certo, molto meno degli altri commentatori, e di partiti impegnati a trasportare la “vecchia comunicazione” nel web 2.0, chi con scarso impegno (un Berlusconi con tutt’altro bacino elettorale), chi con pessimi risultati (l’improbabile #lisbraniamo del Pd). Nemmeno loro, quindi, si aspettavano questa fedeltà tra umori del web e risultati del voto. Ma sapevano benissimo che il web offre possibilità di interazione eccezionali: ben più della tv, la comunicazione web stimola la compartecipazione del fruitore, che può diventare parte attiva anche fisicamente: non è un caso che il termine “piazza” sia apparso in ben 36.721 tweet. O che l’hashtag #Tsunamitour abbia dominato Twitter con le 147.246  apparizioni (!), raccontando un tour tanto partecipato dagli elettori quanto ignorato da tv e giornali.

Per concludere, i diversi contributi offrono risposta a molte delle domande che questa campagna aveva lasciato: e la sensazione è che gli strumenti di valutazione che ci vengono presentati permetteranno un’analisi sempre più dettagliata e qualitativamente valida delle prossime campagne. D’altra parte, l’assoluta trasparenza che il web sta gradualmente imponendo probabilmente renderà la politica sempre più responsiva. A patto che gli utenti non si facciano abbindolare, e che ad una sacrosanta attività on line non si sacrifichi un costante e diffuso impegno politico reale.

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