17 maggio 2011

Liste bloccate e libertinaggio di poltrona

Ritorno a scrivere sul nostro sempre più celebre blog dopo una lunga assenza, dovuta ad una folle sessione di esami ad Aix ed ad un mio ritorno a sorpresa in Silviostan – Italia. Sarà l'aria della nostra carissima Marucelliana ad ispirarmi, spero.
Cominciamo subito con la questione delle liste bloccate che il mio collega qui davanti a me chino sul tavolo a studiare aveva esposto una decina di giorni fa. Come avevo già accennato mi trovo d'accordo, a livello pratico, sulla soluzione proposta alla fine dell'intervento, ma non sono proprio favorevole in linea di principio alle liste
bloccate.
In primis per una mancanza di responsabilità, o meglio, un'incitazione ad essa, degli eletti. In secondo luogo per l'avvilimento del principio di democraticità e di rappresentanza nella selezione dei futuri rappresentanti dei cittadini. Parto da qui, per sottolineare come, quando ci si lamenta della politica “fatta nei salotti o nei palazzi del potere”, lontano dalle vere esigenze degli elettori, della “partitocrazia” più meschina e parassitaria, beh, per me le liste bloccate ne sono il massimo esempio. Soprattutto quando - in concomitanza spesso di elezioni meno “sentite”, leggi, ahimè quelle europee o provinciali – chi non va al mare la domenica per andare a votare, la maggior parte delle volte vota il simbolo, il partito, e magari trova sulle liste i suoi candidati preferiti, ma in decima posizione. E poi si scopre lo stesso capolista nella stessa circoscrizione in più occasioni, magari un notabile del luogo che fa esclusivamente gli interessi della sua comunità, e così il ricambio generazionale politico fa allegramente a farsi fottere. Perché non scordiamoci che ci possiamo inventare tutti i meccanismi anche più strambi di ingegneria elettorale, ma lo strumento più forte di ascesa,giudizio e declino di un eletto, rimane sempre il voto degli elettori.
Ed è qui che entra in gioco la responsabilità. Penso alla sordida vicenda dell'attuale governo salvato per una manciata di voti comprati di parlamentari dei quali i nomi non sarebbero degni di essere nominati e scritti tranne sui fogli di carta igienica. Sto parlando di storie di deputati, scusatemi la volgarità sessista, “puttani” e con un concetto di dignità paragonabile a quello che Madame Carla Bruni ha per il buon canto. Insomma, gentaccia che più volte, nel corso della stessa legislatura, ha venduto la sua sedia (quindi il suo culo) adducendo poi le scuse più fantascientifiche.
Farò un esempio.
Giorgio, un cittadino della classe media, votante e “persona informata sui fatti” della politica tramite letture quotidiane sui giornali e sul web, si accinge un bel week-end ad andare a votare per il partito A, di centrissimo sinistra, presentatosi alle elezioni parlamentari. Giorgio arriva al seggio, e mentre la direttrice della commissione lo accoglie come se fosse il nuovo messia (“lei è il settimo della giornata!!”), legge i candidati presentati nella lista del partito A. Egli scopre, senza troppo stupore, che il giovine competente che vorrebbe votare -non entriamo nel merito della causa- è quasi in fondo alla lista, mentre scopre che un alto dirigente del partito, in parlamento da prima della sua nascita, è in cima alla lista. Guarda caso il partito A nella circoscrizione di Giorgio ha la maggioranza dalla notte dei tempi, quindi il nostro ipotetico candidato F (furbo? Farabutto?) verrà RIeletto sicuramente, e poco importa se vive dall'altro capo d'Italia, se non ha mai visitato quella circoscrizione. Però ha una casa al mare nella stessa regione!
Allora, il nostro “novello” deputato F comincia ad avere delle divergenze, bien sur legittime, con il partito A, che abbandona con un grande sforzo di cuore, per darsi ad una temporanea vacanza nel gruppo misto e poi nel partito C (“questa è la mia nuova casa, ho trovato dei compagni di viaggio con le mie stesse idee”), un partito di centro centrissimo come solo in Italia sappiamo fare.
Ma la vita è dura per il povero deputato F e dopo qualche mese i suoi compagni si rivelano dei meschini e, forse a seguito anche di una profonda crisi esistenziale e perché no della mezza età, abbandona il partito C, in un'intervista ad un giornale dice che gli piace il partito M ma che non lo voterebbe mai, ed in qualche settimana presenta la nuova maglia del partito M, che però è di destra, con un programma totalmente differente dall'iniziale partito A. Il nostro amico Giorgio è confuso ed anche un po' incazzato, poiché quando è andato a votare (rinunciando poi al week-end al mare! Od in montagna! Od a vedere la partita!) è stato in pratica costretto a votare il deputato F – che non conosce se non tramite Porta a Porta -, pur di rimanere fedele al suo partito A, ed ora vede la persona che ha votato indirettamente sostenere l'operato di un governo o di un partito che non approva. Questi sono i miracoli della vita!
Non voglio fare un'apologia del vincolo imperativo di mandato, ma vorrei introdurre un sistema che “responsabilizzi” un po' queste anime in pena dei nostri parlamentari.
Sono solo un povero studente erasmus, non ho la scienza infusa e nuove escatologie da proporre in prima serata, ma tipo, se un deputato vuole uscire dal partito, cambiare etc, ma è stato anche eletto con le liste bloccate, sia liberissimo di farlo, per carità. Ma a quel punto che vengano indette a breve termine delle nuove elezioni, ovviamente localizzate alla circoscrizione del deputato, in cui egli è automaticamente candidato – da indipendente o con il suo nuovo partito – e la sua poltrona se la deve riguadagnare. E come ciliegina ci mettiamo anche un limite di cambi (perché insomma, 4 elezioni nella stessa circoscrizione durante un'unica legislatura sarebbe ridicolo).
Diamo la possibilità al nostro amico Giorgio di non rovinarsi la giornata nel vedere la persona che ha votato puttanizzarsi politicamente.
BARBA