1 luglio 2013

Ponte Vecchio, ponte di tutti

Alessandro Bezzi

Premessa: questo non è un pezzo “classico” su elezioni, comunicazione politica o equilibri di partito. Semplicemente, vuole essere uno spunto per parlare della decisione del sindaco di Firenze di chiudere Ponte Vecchio sabato. L’auspicio è che ne nasca una discussione più approfondita sul rapporto di Firenze con la sua storia e su quali possano essere i limiti di un’amministrazione comunale senz’altro forte e decisionista come quella di Renzi.

Sabato 29 giugno Ponte Vecchio è stato chiuso alla circolazione ed “affittato” ad una associazione privata per oltre 100mila euro. Una cifra importante per il bilancio comunale, specie in tempi di spending review e fiscal compact: ma può bastare la convenienza economica come criterio decisionale?

A mio modestissimo parere, no.

Firenze è un patrimonio di tutti: dell’umanità e di noi fiorentini, che abbiamo la fortuna (e la sfortuna) di viverla e abitarla. Il suo patrimonio artistico, così come la vista di un valle montana o di un promontorio marino, dovrebbe essere fruibile a tutti: e se già ora alcune zone sono di fatto “sottratte” alla collettività –ridotte a lussuose boutique a cielo aperto – questo non significa che il processo debba coinvolgere altri spazi pubblici.

Ponte Vecchio è uno dei simboli di Firenze: è un ponte, e già per questo idealmente dovrebbe rappresentare apertura, confronto, dialogo; è un pezzo di storia, è il corridoio vasariano che collega gli Uffizi con Palazzo Pitti; Palazzo Vecchio con l’Oltrarno; i Medici con i partigiani che lo attraversavano durante la II Guerra Mondiale.  È, insomma, parte integrante della nostra memoria e un simbolo della nostra città.

Affittarlo e vietare la circolazione significa dimenticarsi tutto questo; significa mettere in vendita (a tempo determinato, come tutto di questi tempi) parte del nostro tempo e della nostra storia a chi può permetterselo. Significa vietare il “diritto al paesaggio” e impedire, in un sabato sera d’estate, di gustarsi uno dei tramonti più suggestivi che possano esistere. E se io potrò vederlo un altro giorno – cosa che non placa il mio disappunto – magari qualcun altro si è perso per sempre questa possibilità.

Non ci sono più ragioni per abitare il centro, complice un decentramento dei luoghi culturali (università) e delle attività produttive, che ha contribuito a rendere il centro un asettica vetrina per i turisti. Non rischia di diventare una vetrina per un turismo usa e getta o un salotto buono per organizzare incontri “aperti” (es. Repubblica delle Idee) ma anche meeting privati in spazi pubblici?

Firenze è condannata dalla sua bellezza: un passato così ingombrante spesso impedisce di guardare al futuro con il giusto coraggio. È giusto che la città ripensi il suo rapporto con la sua storia, di modo da non esser schiava del suo passato: ma per farlo i suoi spazi – a cominciare dalle piazze e dai ponti - devono tornare ad essere vivi, pubblici ed abitati.

Facciamo attenzione ad affittare le nostre bellezze, come una locandiera fa con le sue stanze: altrimenti Firenze diventerà il fondale di un vecchio spettacolo. Con ingresso riservato.

Grazie a Marco, Tommaso, Federico e a tutti quelli che mi hanno fatto riflettere sull’argomento.

E che sono a tutti gli effetti, e a loro insaputa, co-autori di queste righe.