5 dicembre 2011

Non è un paese per vecchi?

Questa mattina ho scritto questo post sulla riforma delle pensioni da poco annunciata dal governo ma stamani ancora solo intuibile da ciò che era stato detto e scritto nei giorni passati. Purtroppo problemi tecnici con il computer mi hanno impedito di pubblicarlo per tempo e adesso sembra in alcuni punti un po' anacronistico. Io chiedo un po' di comprensione ed elasticità ai nostri lettori e lo pubblico ugualmente, senza alcuna modifica, nella convinzione che il succo del discorso rimane comunque valido.
Tra i provvedimenti che faranno parte del pacchetto di interventi volti a risolvere la difficile situazione di crisi in cui versa l'Italia spicca quello sulle pensioni, di cui si parla ormai da giorni.
Tra le misure annunciate dal neo-ministro Fornero sulle pensioni emerge infatti, oltre al passaggio al contributivo per tutti ed al probabile doloroso blocco per un anno dell'adeguamento delle pensioni all'inflazione, la stretta sulle pensioni di anzianità. Probabilmente verrà proposta una soglia di 41 o 43 anni (invece degli attuali 40) di contribuzione perchè si possa andare in pensione prima di aver raggiunto l'età richiesta per ottenere la pensione di vecchiaia.
Cerco di esprimere brevemente il mio punto di vista su quest'ultima misura considerandola in sé e poi in relazione
ad altre questioni.
Dunque, negli ultimi anni l'aspettativa media di vita nel nostro paese è decisamente cresciuta e dunque ritengo teoricamente opportuno aumentare anche l'età alla quale si può andare in pensione (è il caso dell'innalzamento dell'età per la pensione di vecchiaia) e il numero di anni lavorativi per percepire una pensione di anzianità. Quaranta anni di contributi necessari per l'anzianità significano che chi comincia a lavorare verso i 17/18 anni percepisce la pensione a partire da 57/58 anni: l'aspettativa di vita per un cittadino italiano è oggi di 79 anni mentre è di 84 anni per una cittadina italiana: dunque 20-25 anni di pensione.
Certo si potrà giustamente obiettare che 40 anni di lavoro sono molti e che chi otterrà la pensione di vecchiaia a 67 anni senza aver prima raggiunto i 40 anni di contirbuti lo farà solo perchè avrà cominciato a lavorare, e dunque a contribuire più tardi. Io però credo, forse da un punto di vista un po' troppo generazionale, che si debba adottare un'ottica più di lungo periodo che tenga di conto che chi studia magari fino a 23/25 anni lo fa seriamente così come se lavorasse, che 20/25 anni di pensione per chi pure ha lavorato 40 anni pesano su chi oggi, giovane, non ha nemmeno la certezza che avrà un lavoro, che l'Italia è l'unico paese europeo a prevedere una soglia di anzianità lavorativa (si prenda ad esempio la Germania, che prevede un elenco di lavoro usuranti per i quali è invece giustamente prevista una soglia di anzianità).
Quando sento parlare di "40 quota magica" intoccabile, penso che chi lo afferma (la CGIL per bocca della Camusso, tanto per non fare nomi) dovrebbe e avrebbe dovuto pensare un po' di più a chi oggi il lavoro non ce l'ha, non riesce a trovarlo, a chi può lavorare solo con contratti a tempo determinato, atipici, mal retribuito e spesso sfruttato. Dov'era chi oggi proclama intoccabile la quota 40 quando le misure ispirate alla flessibilità disgtruggevano il mercato del lavoro con le più svariate forme di contratto atipico e mettevano in forse il futuro di un'intera generazione? E dov'era quando la magica quota 40 veniva (come avviene oggi) aggirata con il meccanismo della finestra mobile che obbliga i lavoratori con 40 anni di contributi a lavorare ancora 12 o 18 mesi senza effetti positivi sulla futura pensione? Quello non era intaccare la magica quota 40?!
Io sono dunque d'accordo sull'innalzamento del numero di anni di contribuzione necessari per percepire una pesnione di anzianità come proposta in sè. Tuttavia credo sia necessario ed opportuno guardarla anche in relazione ad altre questioni.
In primis, per restare per così dire interni all'ambito pensioni, credo che affinchè i cittadini accettino misure come quella di cui sopra, è necessario che queste siano accompagnate da provvedimenti che le rendano accettabili e che dimostrino che lo spirito di sacrificio e di devozione alla "causa Italia" c'è da parte di tutti: e allora perchè non intervenire in qualche modo anche su coloro che percepiscono una pensione da quando magari avevavno 45 anni o su coloro che percepiscono doppie pensioni? Intendiamoci, la colpa non è certo di questi ultimi soggetti, ma di una classe dirigente, quella di alcuni anni della prima repubblica, interessata solo a mantenere ed accrescere il proprio potere ed il proprio status ed incurante degli enormi problemi che avrebbe causato ai cittadini di domani (a noi, oggi); ma se adesso dobbiamo avere spirito di sacrificio per non ripetere gli errori di chi ci ha preceduto, è giusto che lo facciamo tutti. Tutti, non alcuni e per giunta i soliti, coloro che hanno meno. E in questo senso giudico anche il recente provvedimento sui vitalizi dei nostri rappresentanti: sacrosanto, certo, utile, indispensabile a livello simbolico, ma perchè limitarsi ad intervenire sui vitalizi e le pensioni degli attuali rappresentanti e di coloro che ancora non percepiscono il vitalizio? No, non può bastare. Così come nel caso delle pensioni, è giusto che siano colpiti anche coloro che già godono di inaccettabili privilegi. Ma in democrazia si decide a maggioranza ed il consenso è ciò che ciascun politico e partito ricercano: difficile dunque per il governo Monti andare fino in fondo con un parlamento spaccato esattamente a metà.
In secundis, non bidogna cadere nella trappola di pensare che le misure sulle pensioni siano l'unica panacea possibile per la situazione del nostro paese. Per ridurre il debito pubblico esistono mezzi come la patrimoniale (e con ciò intendo una patrimoniale sui patrimoni ingenti, non solo l'ICI sulla prima casa come molti oggi fanno!), misure contro l'evasione fiscale (a proposito, voi ne avete sentito parlare dal nuovo governo?) e soprattutto una qualche forma di tassazione sulle transazioni finanziarie (anche qui, non su chi investe i propri risparmi in banca o in titoli di stato, ma su chi della speculazione finanziaria fa il proprio modo di guadagnare soldi), qualcosa come la famigerata Tobin tax, che colpisca chi questa crisi l'ha creata, quel sistema perverso che ci ha portato a tutto questo.
Infine le misure sulle pensioni andrebbero lette in un quadro più generale di provvedimenti che riescano a rilanciare la crescita: e forse sta proprio qui il punto fondamentale, il problema più grande, il problema di un modello generale di crescita economica che ha mostrato più di qualche controindicazione, un modello che forse deve essere in qualche modo ripensato. Ma questo è un altro discorso...
PIGNO