24 gennaio 2013

Brexit sì, Grexit no! - La Gran Bretagna deve uscire dall'Unione?

di Filippo Barbagli

Keep calm. L'art.50 del Trattato di Lisbona ha introdotto per la prima volta la possibilità per gli stati di recedere dall'Unione. Bene, datemi il numero di telefono di chi l'ha scritto.

Quando penso al discorso di Cameron di ieri, sulla volontà d'indire un referendum di recessione del Regno Unito dall'Unione Europea, ho avuto un esplosione di pensieri, contrastanti, che ho subito abbozzato volgarmente sulla pagina facebook di BP, e che ora mi accingo a spiegare meglio ed in maniera più esaustiva. Partendo ovviamente dal presupposto che al povero inquilino di Downing Street sia partito il capo, probabilmente dopo le troppe emozioni di un anno esaltante per la Perfida Albione, o per lo smog respirato scorrazzando in bici tra le vie della City. There is something of rotten in the state of Britain, azzarderei.

La prima. Quest'atto è il peccato originale. Nel senso che, è stata paventata possibilità di uscire, in un momento storico assai delicato, cioè in cui l'Unione si trova innanzi ad una crisi sì finanziaria, ma in realtà talmente profonda da diventare una crisi strutturale ed identitaria, in cui ci giochiamo il nostro futuro. La

possibilità di recedere e fottersene allegramente della nave che affonda, secondo quelli che si credono più furbi. L'idea di fondo in buona parte dell'establishment politico inglese e dei suoi elettori è, come in passato, “l'Unione Europea non va nella direzione che vogliamo noi? L'UE ci mette troppa pressione? L'UE ci vuole costringere ad adottare leggi che non vogliamo, a rinunciare alla nostra sovranità? Bene, allora ce ne andiamo”. Ovviamente tale fanfaluca è anche giustificata da un delirio di potenza post-moderno (e post-olimpiadi...chiedete ai greci post 2004), che forse si sentono ancora una grande potenza imperiale, specifica nella sua insularità, il perno dell'Occidente tra Europa ed USA. Cari, britannici, mind the gap mi verrebbe da dire.


Seconda considerazione. Oh David, David...perchè? Eri partito bene, nonostante la faccia di culo da  etoniano privilegiato. L'idea di cambiare la società inglese, l'appoggio ai liberali per il sistema elettorale di tipo australiano, i matrimoni gay, l'ok all'ingresso della Turchia in Europa, la guerra in Libia e via dicendo. Sul voto alternativo aveva anche imbastito un referendum (senza quorum e respinto al 67% dall'elettorato), sperando di cambiare il modello classico, da manuale, quello maggioritario uninominale a turno unico, first-past-the-post. Poi ci sei cascato sull'aumento increscioso delle rette universitarie. Fino a degenerare ed indire il referendum per l'indipendenza (sic) della Scozia. Va bene, ammettiamo che tale azione sia stato un acuto calcolo politico: poniamo di fronte agli scozzesi l'idea di essere veramente indipendenti, se si spaventano e la respingono, per un po' non romperanno più le palle. Avrà fatto lo stesso ragionamento anche per la recessione dall'UE? Non credo proprio. A questo punto spero che gli scozzesi votino l'indipendenza e si portino dietro il petrolio del Mare del Nord. Scherzi a parte, anche in quel caso Cameron è stato un miope: ha fornito anche lì il primo caso storico, un pretesto, affinché i regionalismi acquistino maggiore potenza. Vedi poi l'ondata indipendentista in Catalogna. Con due effetti negativi: l'avvento in futuro di un'Europa in cui i regionalismi si trasformano in nazionalismi artificiosi, causando un'ulteriore frammentazione politica ulteriore del continente.  In secondo luogo la possibilità che stati più deboli, come la Spagna in questo momento, siano minacciati a evoluzioni secessioniste che non porteranno a niente. Magari quando ci sarà il sospirato referendum, a votare saranno solo inglesi, e non i britannici.


Terza considerazione, più populista ed infantile. I want my money back, starnazzava la Lady di ferro qualche decennio fa. Beh, ora li rivogliamo anche noi, tutti quelli dei fondi strutturali, degli europarlamentari inglesi, della politica di coesione. Magari servono a tappare qualche buco nel continente.


In fin dei conti, mi viene da dire: facciamo pure uscire i britannici, e teniamoci a'Grecia! I motivi sono tanti: in primis il mangiare. Poi viaggiare: volete mettere prendere dei voli e finire in isole tra mare splendidi, templi antichi e discoteche tipo Mykonos, invece di fare controlli alla frontiera in aeroporto, per finire in mezzo a campi grigi, pioggia e gente che guida al contrario? Dovete anche cambiare moneta, in perdita per giunta. Niente euro e niente Schengen per l'UK. Certo, non c'è una Pippa Middleton greca, ma possiamo sempre sperare in futuro. Sulla Grecia ci scommettiamo tutto, dal principio di solidarietà alla solidità dell'euro. E' giusto ricordarlo. Anche perché almeno i greci si sentono europei.


Però è anche l'ora che i britannici la smettano di considerare l'Europa come una cassa di risonanza del loro slancio finanziario, o come una vacca da mungere. Sono stati loro i primi, insieme ai danesi ed irlandesi, che nel '92 a Maastricht s'inventarono il concetto di "Europa a due velocità": proprio mentre nasceva l'Unione, si sanciva il principio che alcuni paesi potevano non integrarsi nei settori a loro "scomodi", ed in questo caso, l'euro e Schengen. E' passato il principio che dall'Europa si poteva prendere solo quello che faceva più comodo, e se oggi siamo ridotti così, è anche per questo. L'UK non volle aderire alla CEE inizialmente, s'illudeva di avere il suo mercato con il Commonwealth. Poi ha visto che qui negli anni '50 e '60 la crescita economica era galoppante (e certo non grazie al piano Marshall). Ha quindi cercato di controbilanciare con l'EFTA (oggi presieduta a turno da Islanda e Liechtenstein, gli unici rimasti insieme alla Norvegia), e quando questa non ha funzionato, ha fatto domanda per entrare. Sempre per ragioni economiche. Ora basta. E' giunto il momento che i britannici decidano se essere veramente o no europei, con tutto il bene ed il male che esso comporta, non vedere l'Unione solo come uno strumento di profitto economico e finanziario. Sennò un Cameron qualsiasi si ripresenterà ciclicamente.


Quello che non uccide fortifica, e da questa crisi l'Europa o morirà o rinascerà più forte, come credo e spero. Più unita e solida, verso l'Unione Politica, lo sbocco naturale di un processo iniziato secoli fa. Anche oggi Cameron ha ribadito che un'unione politica europea non avrà mai la Gran Bretagna. Se anche gli inglesi la pensano così, è giunto il momento che escano. Non è più il momento degli euroscettici primedonne. E' il momento di procedere verso un'Unione più perfetta. Perché la Storia sta andando in quella direzione.


(non sono anglofobico. Amo Jonathan Coe ed i Mumford&Sons, sono stato un tredicenne royal watcher e quest'estate Londra mi ha offerto il primo vero lavoro, come ricorda bene il resto della redazioe di BP...)