Breve
storia del movimento sindacale inglese
Il
sindacato dei minatori e lo stesso gruppo sociale e lavorativo di
questi rappresentavano un pilastro della tradizione economica
inglese. Furono i primi che si organizzarono nei primi sindacati e
nella lotta per i diritti dei lavoratori, nel movimento "luddista"
– che diede inizio alla sua opposizione contro la borghesia solo
quando si ribellò con la violenza alle macchine - portato avanti dai
minatori scozzesi intorno al 1812.
Questo tipo di opposizione inizialmente era isolato, limitato a determinate località e si dirigeva contro un solo aspetto delle condizioni di lavoro nelle quali vigevano. Nel 1825 furono abrogate delle Combination Laws dimostratesi impotenti di fronte all'Organizzazione "illegale" degli operai ed al riconoscimento del diritto all’associazione sindacale. Si formano immediatamente potenti organizzazioni sindacali. Ma queste associazioni e turnouts (scioperi) che ne derivano assumono un'importanza specifica in quanto rappresentano il primo tentativo degli operai di abolire la concorrenza. Esse presuppongono la consapevolezza che il potere della grande proprietà poggia unicamente sulla concorrenza degli operai tra di loro, cioè sullo spezzettamento del proletariato, sulla reciproca contrapposizione. Nel 1842 viene formulata la People's Charter, che riassume in 6 punti le richieste politiche essenziali del proletariato inglese, proprio grazie alle spinte delle associazioni sindacali dei minatori.
Questo tipo di opposizione inizialmente era isolato, limitato a determinate località e si dirigeva contro un solo aspetto delle condizioni di lavoro nelle quali vigevano. Nel 1825 furono abrogate delle Combination Laws dimostratesi impotenti di fronte all'Organizzazione "illegale" degli operai ed al riconoscimento del diritto all’associazione sindacale. Si formano immediatamente potenti organizzazioni sindacali. Ma queste associazioni e turnouts (scioperi) che ne derivano assumono un'importanza specifica in quanto rappresentano il primo tentativo degli operai di abolire la concorrenza. Esse presuppongono la consapevolezza che il potere della grande proprietà poggia unicamente sulla concorrenza degli operai tra di loro, cioè sullo spezzettamento del proletariato, sulla reciproca contrapposizione. Nel 1842 viene formulata la People's Charter, che riassume in 6 punti le richieste politiche essenziali del proletariato inglese, proprio grazie alle spinte delle associazioni sindacali dei minatori.
Thatcher
vs. minatori
Il
governo conservatore e la Thatcher, sfruttando anche l’incapacità
del partito laburista di fare sua questa battaglia sindacale e
portarla sul piano politico, come sarebbe stato lecito data la grande
tradizione dei sindacati dei minatori all’interno del movimento
operaio britannico, ridussero in condizioni disperate i minatori
inglesi. Dopo queste misure scoppiò un enorme sciopero dei minatori,
che le Trade Unions e il partito laburista non appoggiarono però
pienamente. La politica liberista votata alla grande finanza della
Thatcher portò in una dura condizione di povertà parte della classe
lavoratrice inglese dell’industria. I disagi sociali in città come
Manchester e Liverpool furono di grande portata. Spesso Margaret
Thatcher viene a mio avviso erroneamente presentata come grande punto
di riferimento del movimento femminista inglese e come promotore di
una politica familiare. La Thatcher disprezzava le femministe, come
più volte ha dichiarato ai media inglesi e in varie occasioni di
manifestazioni sociali. “Odiava le femministe anche se è stato in
gran parte grazie ai progressi del movimento che i britannici furono
pronti ad accettare l’idea che un primo ministro potesse essere una
donna” ha ricordato giustamente Morrissey, il cantante degli Smiths
(autore di una delle Dieci canzoni “Odio Margaret Thatcher”
“Margaret on the guillotine“). Le famiglie della working class
inevitabilmente soffrirono molto la sua politica economica e ciò
portò a una disgregazione del nucleo familiare tradizionale di
grande portata. La Lady di ferrò si dimostrò particolarmente dura
contro le azioni di picchettaggio promossi dagli scioperi del 1984,
con scontri tra manifestanti e forze dell’ordine che culminarono
nella tristemente nella famosa la Battaglia di Orgreave, tra migliaia
tra poliziotti e minatori. I dati ufficiali parlano di 93
manifestanti arrestati e 123 feriti totali. .Dopo un anno, il
sindacato fu costretto a cedere senza condizioni. Contemporaneo allo
sciopero dei minatori, ma più breve e meno violento, ci fu anche
quello dei portuali britannici, che vide coinvolti circa 35.000
lavoratori. L'agitazione durò due mesi e venne fatta per
solidarizzare in maniera concreta con i minatori.
L'euroscetticismo
e la lotta all'IRA
Nel
giugno 1984, al congresso per il bilancio finanziario europeo a
Fontainebleau, Thatcher pronunciò la famosa quanto provocatoria
frase "I want my money back!" riferendosi ai fondi agricoli
della Comunità Europea riservati ai paesi membri, sottolineando la
sua indole anti-europeista. A seguito soprattutto del provvedimento
relativo ai fondi che favorì la Francia rispetto alla Gran Bretagna,
inaccettabile per il primo ministro inglese. La sua battaglia in seno
alla Comunità Europea portò a un drastico ridimensionamento del
Regno Unito ai contributi europei nell’agricoltura. Introdusse
inoltre una linea durissima nei confronti del movimento dell’IRA e
nella gestione del problema relativo all’Irlanda del Nord,
ignorando le denunce di persecuzioni nei confronti della comunità
cattolica da parte degli irlandesi protestanti filobritannici. La sua
posizione di netta contrapposizione priva di aperture le costò un
attentato organizzato dall’IRA nell’ottobre del 1984 al Grand
Hotel di Brighton mentre era impegnata in un Congresso del partito
conservatore, da cui ne uscì illesa. Nel 1987 ottiene il terzo
storico mandato come Primo ministro, prima volta assoluta nella
storia dei governi del Regno Unito. Soprattutto per le divisioni del
partito laburista e l’incapacità di questo di sfruttare i disagi
sociali e lo scontento di molti anche liberisti nei confronti della
Thatcher.
Dai
diritti LGBT agli hooligans
Il
suo governo si apre con la legge n.28, in seguito ad una apertura dei
governi locali nei confronti dell’omosessualità che tollerarono
aperte manifestazioni e organizzarono eventi in locali pubblici sul
tema. Questa normativa proibiva la promozione dell'omosessualità nei
luoghi pubblici (nonostante lei stessa avesse votato per la
depenalizzazione di negli anni Sessanta), una legge che colpiva
principalmente i gay bar e i locali frequentati dalla comunità
britannica LGBT. Tento e riuscì ad arginare finalmente il fenomeno
violento degli hooligans con una dura normativa, il rapporto Taylor,
sugli stadi e proponendo il processo per direttissima nei confronti
degli arrestati per comportamenti violenti. Il primo ministro
conservatore accentuò la sua linea anti europeista opponendosi
fermamente all’Unione Europea e soprattutto alla creazione della
moneta unica, rifiutando inoltre gli accordi monetari proposti. Mossa
che provocò una prima spaccatura all’interno del Partito
conservatore nel quale vi erano alcuni simpatizzanti della linea
europeista e il Ministro degli Esteri del suo governo Geoffry Howe
presentò le dimissioni.
Il
lento declino
La
sua popolarità sia all’interno del partito che nel resto del paese
subì inoltre un duro colpo a causa di una frenata nella crescita
economica (causata dagli alti tassi d'interesse) a causa della sua
riforma del sistema fiscale, con la quale introdusse la cosiddetta
Poll tax, una tassa calcolata in base alla popolazione uguale per
ogni cittadino residente nel Regno Unito, che era in contrasto con il
programma liberista. In questi anni furono ben visibili i frutti
della sua politica: non la razionalizzazione della presenza pubblica
in economia e nei servizi, quanto la svendita del patrimonio
collettivo per consentire a torme di speculatori di realizzare
superprofitti a danno della popolazione, provocando non solo disastri
economici, ma anche per la rinuncia unilaterale del contratto sociale
su cui si era basata la convivenza pacificata del dopoguerra e la
conseguente creazione di ricettacoli in espansione del disagio e
dell’emarginazione. Il 20 novembre 1990, mentre la Thatcher era
alla Conferenza di Parigi, si svolsero le elezioni per la carica di
leader del Partito Conservatore. Sicura di una sua vittoria e a causa
del suo ego smisurato non intaccato dalle polemiche in seguito alla
politica fiscale e insensibile ai problemi del suo partito, non
rinunciò all’impegno. Il suo rivale Michael Heseltine, non
raggiunse la maggioranza richiesta per soli 4 voti ed era quindi
necessario un secondo turno. Fu un colpo durissimo inflitto alla Lady
di ferro, che vide messa bruscamente in discussione la sua
leadership. La situazione precipitò nelle ore successive, quando,
rientrata a Londra, avviò delle consultazioni con gli stati maggiori
del Partito, dopo aver annunciato che sarebbe rimasta a Downing
Street. Nella notte, tuttavia, cambiò idea e decise di dimettersi da
Primo ministro. Sostenne poi la candidatura del Ministro
dell'Economia John Major, che al Congresso del partito vinse
facilmente e le succedette come Primo Ministro. Le lacrime della Iron
Lady che lascia il numero 10 di Downing Street chiudono un’epoca
importante della storia britannica e che portano conseguenze di
enormi portata.
Un'eredità
pesante...una controrivoluzione conservatrice
Qualcuno
ha parlato di “rivincita degli austriaci”, ovviamente contro John
M. Keynes, al cui nome è legato il più grande esperimento di
ingegneria costruttivistica coronato da successo della storia umana.
In effetti, la vera rivincita conseguita da questi signori è quella
contro il pensiero fondante della saggezza dell’Occidente:
l’Illuminismo, nelle sue varie riproposizioni storiche, inteso come
governo del “ramo storto dell’umanità” secondo kantiano “uso
pubblico della ragione”. La considerazione degli storici inglesi
del corso della storia come sviluppo del progresso è definitivamente
tramontata e fallimentari ed arcaiche si sono dimostrate le
interpretazioni positiviste di fine Ottocento rispolverate per
spiegare gli eventi contemporanei. Di fatto la rivoluzione
neoliberista ha portato a un nuovo oscurantismo, con il seguito delle
disuguaglianze, fanatismi bellicisti e xenofobie varie che, mentre
prospettavano “scontri di civiltà”, hanno determinato la crisi
della nostra civiltà mascherandolo come Globalizzazione, ovviamente
finanziaria. E mentre si pretendeva di americanizzare il mondo, il
“sogno americano” andava a picco. Di questo dobbiamo essere grati
anche alla Lady di Ferro, grazie alla quale, tra i tanti effetti
sistematici della sua opera, uno tra i più inquietanti è la messa
in crisi di ogni ambito istituzionale di governo. Certo lo Stato, ma
anche per noi cittadini del Vecchio Continente il grande e generoso
progetto dell’integrazione europea; il diffondersi di un
euroscetticismo che spesso sfocia nell’”eurofobia”. Dopo oltre
un trentennio siamo giunti alla fine della stagione neoliberismo. Il
muro di Wall Street, tempio laico della superstizione monetaria, è
crollato seppellendo sotto le macerie gli strumentari di latta con
cui si pretendeva di manomettere la Storia. Scocca l’ora dei
curatori fallimentari. A posteriori è possibile osservare come
l’ascesa del thatcherismo piccolo borghese non abbia comportato
l’emergere di una nuova “classe generale”, incarnazione e
motore di un modello alternativo universale, quanto lo scatenamento
del peggiore darwinismo sociale, che ha minato le stesse fondamenta
della civiltà occidentale. Una controrivoluzione distruttiva che
amava presentarsi come rivoluzione costituente ovviamente liberale
nella quale la pulsione bassamente economicistica fungeva da priorità
assoluta. Il suo avversario politico, il Partito Laburista, si è in
gran parte snaturato dalle sue posizioni che, se prima erano troppo
estremiste generando molte divisioni, con il nuovo leader succeduto a
Major alla guida del paese, Tomy Blair, si sono rivelate troppo
“thatcheriane”. Il partito ha pagato a caro prezzo l’esigenza
di un leader carismatico, perdendo molto dal punto di vista
ideologico. La stessa Thatcher successivamente continuò a criticare
il partito laburista proprio perché una parte di esso osteggiava
molte proposte del nuovo leader britannico. Giudicate di stampo
troppo liberista ma che aprono alla stagione europea del grande
centro moderato. L’eredità lasciata da Margaret Thatcher ci
insegna che non vi è pertanto alcuna alternativa possibile a un
capitalismo di mercato: l'economia viene rimossa dalla sfera della
contestazione politico-ideologica. È l'affermazione forte che “There
is not alternative”, che non ci possono essere alternative. In
sostanza siamo alla “fine della storia”. Ma è proprio questa
visione che storicamente non ha tenuto. L'ipertrofia del settore
finanziario, la speculazione finanziaria, la crisi produttiva
occupazionale che stiamo vivendo segnalano che questa visione
politica genera instabilità e disuguaglianza.