Alessandro Bezzi
Questa storia inizia all’alba del 2013,
quando due esperti conoscitori delle potenzialità del web come Riccardo Luna e
Marco Pratellesi decidono di creare un portale per raccontare l’imminente
campagna elettorale. Assieme ad un team di giovani giornalisti, danno vita a Italia2013,
un portale per aggregare in tempo reale tutti i contenuti online relativi alle
elezioni. Social
Winner, come la Rete ha giocato un ruolo decisivo nelle elezioni 2013 è il racconto collettivo di questo
esperimento, innovativo nella forma (da quel che so, il primo esperimento di data journalism in Italia) e
sorprendente nei risultati.
Come
già detto, ho sempre pensato che per ragioni anagrafiche
ci fosse scarsa corrispondenza tra gli umori della rete e l’effettivo
comportamento alle urne, tanto più con un elettorato poco volatile come il
nostro. I dati dimostrano che per molti versi mi sbagliavo, e che già ora il web può influenzare - e soprattutto
prevedere – l’esito del voto più di
quanto si creda comunemente.
Programmi come Netsentiment
permettono di analizzare con eccezionale precisione la performance on-line dei
vari partiti, valutandola in termini
quantitativi (menzioni, social impact, etc.) e qualitativi (valutazione positiva, neutra o negativa da parte
degli utenti). Anche se il target di riferimento non è ovviamente un campione
rappresentativo della popolazione, servirsi di strumenti simili può dire molto
sul comportamento di voto. Con un margine d’errore minore di quello dei
sondaggi a cui siamo abituati e, curiosamente, con gli stessi effetti discorsivi
(es. una sottostima del voto alla coalizione di centrodestra).
Sul web, i processi di formazione e circolazione delle idee
sono estremamente simili a quelli reali: l’autorevolezza di alcuni opinion
leader ed esperti gioca un ruolo cruciale, come pure il rapporto diretto con
gli interlocutori, con i quali si tende ad essere ben più sinceri di quanto non
saremmo rispondendo ad un exit pool, ad un sondaggio telefonico o alla
telecamera di una tv locale. E, cosa più importante di tutte, le opinioni si influenzano reciprocamente,
praticamente in tempo reale.
Oltre allo studio dei flussi di discussione, il lavoro si è concentrato prevalentemente
su Twitter, un social che si presta
perfettamente: necessità di sintesi, hashtag ed interazioni permettono di
misurare con relativa facilità l’esito di operazioni di marketing (anche)
politico. Non è un caso che uno dei più interessanti progetti sui Big Data a
livello internazionale sia VoicesfromtheBlog, spin off
dell’Osservatorio sui social-media dell’Università di Milano, che si aggancia
proprio a Twitter per captare ed analizzare gli umori della rete sui più
disparati argomenti.
Twitter
si presta ad una comunicazione più
“istintiva” rispetto agli altri social: il limite dei 140 caratteri impone
pochi fronzoli, e i giudizi che vengono dati sono sbrigativi ed estremizzati. Inoltre,
a differenza di Facebook, Twitter è un social che favorisce il ricorso a link esterni per esprimersi in
modo più articolato: ci si limita quindi a parole chiare per stimolare i propri
follower, limitando la banalizzazione ma anche l’ambiguità.
L’utente
medio di Twitter ha
alcune caratteristiche specifiche: vive in un grande centro urbano, giovane,
ben istruito e politicamente impegnato, per quanto scettico verso le classiche
forme di rappresentanza (partiti, sindacati, etc.). In poche parole, un
cittadino della “società liquida” di Bauman, che rispecchia o anticipa i grandi
processi socio-culturali del nostro tempo: e che, non a caso, ha molti punti in
comune con il bacino elettorale del Movimento 5 Stelle.
Con molta sincerità,
gli autori riconoscono di aver sottostimato il boom di Grillo: certo,
molto meno degli altri commentatori, e di partiti impegnati a trasportare la
“vecchia comunicazione” nel web 2.0, chi con scarso impegno (un Berlusconi con tutt’altro
bacino elettorale), chi con pessimi risultati (l’improbabile #lisbraniamo del
Pd). Nemmeno loro, quindi, si aspettavano questa fedeltà tra umori del web e risultati del voto. Ma sapevano
benissimo che il web offre possibilità di interazione eccezionali: ben più
della tv, la comunicazione web stimola la compartecipazione del fruitore, che
può diventare parte attiva anche fisicamente: non è un caso che
il termine “piazza” sia apparso in ben 36.721 tweet. O che l’hashtag
#Tsunamitour abbia dominato Twitter con le 147.246
apparizioni (!),
raccontando un tour tanto partecipato dagli elettori quanto ignorato da tv e
giornali.
Per concludere, i diversi contributi
offrono risposta a molte delle domande che questa campagna aveva lasciato: e la
sensazione è che gli strumenti di valutazione che ci vengono presentati
permetteranno un’analisi sempre più dettagliata e qualitativamente valida delle
prossime campagne. D’altra parte, l’assoluta trasparenza che il web sta gradualmente
imponendo probabilmente renderà la politica sempre più responsiva. A patto che
gli utenti non si facciano abbindolare, e che ad una sacrosanta attività on
line non si sacrifichi un costante e diffuso impegno politico reale.
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