Filippo Barbagli
Siamo sinceri. In quanti
sapevano che oggi era il giorno dell'Europa? E per restringere il
cerchio, in quanti sanno perché è stato scelto proprio il 9 maggio?
Ci avete pensato?
Probabilmente vi siete guardati attorno per un secondo imbarazzati,
ma poi rincuorati dal fatto che “tanto non lo saprà nessuno”.
Ecco, appunto, questo è oggi il problema dell'Europa. Non la crisi
dell'euro.
Personalmente trovo
alquanto buffo che una giornata del genere non sia una festa
nazionale (leggi, in termini europei ovviamente), mentre ci ostiniamo
a festeggiare dodicenni rimaste incinta da probabili pratiche
pedofile ma che con un colpo di genio hanno sostenuto di essere state
ingravidate da una divinità.
Il 9 maggio è la festa
dell'Europa perché è l'anniversario di quello che viene considerato
l'atto d'inizio del processo d'integrazione. In quel giorno, 63 anni
fa, nel Salone dell'Orologio del Ministero degli Affari Esteri
francese, il ministro Robert Shuman leggeva una dichiarazione,
scritta da Jean Monnet, in cui si proclamava la volontà di stabilire
definitivamente la pace in Europa tramite la cooperazione tra le due
maggiori potenze, Francia e Germania (allora RFT). Un processo che
sarebbe partito dallo sfruttamento congiunto delle risorse del
carbone e dell'acciaio, soprattutto tedesche.
Quello è stato un atto
veramente rivoluzionario. Possiamo addurre tutte le motivazioni più
realiste del mondo, che la Francia non voleva far riarmare la
Germania e così via, magari sono anche tutte giustissime, ma rimane
un fatto unico nella storia dell'Europa. Le potenze che per secoli si
erano fatte la guerra per il controllo egemonico del Continente, si
legavano in quel momento le mani per non potersi più ammazzare a
vicenda. A me non pare che gli Stati Uniti e l'URSS decisero di
cooperare insieme sulla produzione nucleare, e guardate che bei
risultati ci ha regalato la guerra fredda.
Nella vulgata spesso si
definiscono i Padri dell'Europa illuminati. Certo, essi hanno svolto
un ruolo fondamentale e per certi aspetti sono stati dei visionari,
dei rivoluzionari. Ma in primis erano uomini, e donne, che avevano
vissuto l'esperienza delle guerre mondiali sulla propria pelle. Della
distruzione totale. Della catastrofe. Del suicidio volontario
dell'Europa, padrona del mondo e poi causa del suo sanguinamento.
L'anno dopo la
Dichiarazione, venne firmato il Trattato che istituiva la Comunità
Europea del Carbone e dell'Acciaio, la CECA appunto.
“L'Europa
non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta
insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto
una solidarietà di fatto”
Vorrei dedicare questo
post a tutti gli euroscettici per sentito dire. Cioè di quelli che
non sanno niente su cosa sia l'Europa, le sue istituzioni, i suoi
problemi, e si limitano ad imputare la causa della crisi a questo
“grigio sconosciuto” locato al nord, magari con spirito un po'
razzistico.
Vorrei dedicare questo
post anche a chi dice che dobbiamo uscire dall'euro. E tornare alla
lira. Perché poi quando gli chiedi se non c'erano mai state crisi
con la lira, stanno zitti.
Vorrei dedicare questo
post a chi ha fatto, sta facendo o far l'ERASMUS e non sa niente
dell'Unione, di come è nato il progetto, con quali scopi. Che vuole
soltanto divertirsi a spese altrui e non riconoscersi in un progetto
di scambio e arricchimento unico nel suo genere.
Vorrei dedicare infine
questo post a chi ragiona ancora in termini da guerra fredda, che si
spaccia per europeo ed atlantista. Essere europeisti oggi vuol dire
credere nella potenza normativa e civile dell'Unione, non sfociare
nel solito cripto-razzismo della superiorità della pseudo comunità
occidentale atlantica. Perché l'Europa, per fortuna, non è solo
anglosassone.
Qualche settimana fa sul
Sole24ore è apparso un articolo di Niall Ferguson,“the most talented British historian of his generation”. Guarda caso
l'accademico in questione è un esperto di relazioni transatlantiche
ed imperialismo britannico. C'è da stupirsi quindi l'errore
grossolano e banale con cui critica l'argomento ultimo di ogni difesa
europeista. Cioè l'avvento di un'era di pace e benessere nel
continente come non era mai accaduto. Per questo il Nobel per la pace
all'UE è stato il più azzeccato degli ultimi decenni. Ed a chi lo
critica, gli consiglierei di andare a vivere fuori dall'Europa,
perché oggi ci siamo dimenticati cosa sia la guerra, ma se questa è
stata eliminata come strumento di risoluzioni delle controversie nel
nostro continente, è proprio grazie al percorso cominciato con la
Dichiarazione Shuman.
Insomma,
Ferguson sostiene che la pace in Europa c'è stata e continua
grazie...alla NATO. Argomentazione superficiale, condita
dall'invocazione del fallimento della Comunità Europea di Difesa nel
1954. In questi termini allora la pacesi sarebbe instaurata solo
perché le due superpotenze avevano paura in fondo della guerra
nucleare. L'Europa ha creato la pace, stringendo i vincoli economici
tra paesi, lo scambio commerciale, la mobilità sociale, la stabilità
economica. Senza dimenticare il fondamentale apporto che ha dato
quando paesi uscenti da ex dittature (quelli mediterranei,
Spagna,Grecia e Portogallo negli anni '70-'80, e quelli ex sovietici
negli anni '90-2000) hanno dovuto far proprio l'acquis
communautaire
per
entrare nella CEE-UE, adottando norme di democratizzazione e di
tutela dei diritti umani, in primis l'abolizione della pena di morte.
Ferguson
continua il suo discorso postulando una crescita modesta nei paesi
aderenti alla CEE poi UE dagli anni '50 in poi. Ma non erano gli anni
del boom quelli? E se davvero la situazione era quella, perché più
di venti paesi hanno chiesto di entrare, compresa la Gran Bretagna (2
volte!)?
Essere
europeisti acritici mi pare un atteggiamento privo di senso, ma non
sopporto chi si definisce “contro l'Europa” od euroscettico,
senza sapere la cause di nascita della crisi economica (oltre
atlantico, ce ne siamo già dimenticati? La finanza selvaggia, il
capitalismo neoliberista rampante....), o come funzionano le
istituzioni europee. C'è poi la categoria degli oltranzisti della
sovranità nazionale che tanto mi sembra anacronistica ed un po'
nostalgica.
L'Europa
è un sogno, una rivoluzione politica, economica e culturale unica
nella Storia. Noi, inventori dello stato nazionale, che decidiamo di
rinunciare alla propria sovranità nell'ordine di stabilire una
comunità di pace, benessere, prosperità e valori. Un destino comune
in un mondo che sarà dominato in questo secolo da potenze che, per
estensione territoriale, ricchezza demografica e di risorse, sarà
possibile fronteggiare solo rimanendo uniti. Perché dobbiamo
mantenere la nostra voce nel mondo che abbiamo contribuito a
plasmare, nel bene e nel male.
Dobbiamo
essere critici sull'Europa di oggi, perché governata da una classe
politica quasi totalmente incapace di fornire delle risposte adeguate
alla crisi politica scaturita da quella economica. Perché il più
grande dramma è stato che l'UE ha perso la legittimità popolare. Il
sostegno al progetto più rivoluzionario del secolo scorso.
Cercherò
di individuare qualche punto critico, ovviamente legati tra di loro.
- La vicinanza istituzioni-cittadini. E' ovvio, 23 lingue ufficiali, 3 lingue di lavoro, tanto lavoro e poco show. Le istituzioni europee vengono normalmente percepite come lontane dai cittadini europei. E talvolta contribuiscono ben poco a colmare questa distanza. Provate per esempio ad addentrarvi nel sito dell'UE, o di qualche istituzione. Ma vi chiedo? Quante cittadinanze avete? …..almeno una? No, almeno due. Perché dal Trattato di Maastricht ogni cittadino di uno stato membro è anche cittadino europeo. Questo vuol dire che se oggi possiamo andare a vivere/lavorare/studiare in uno dei quasi 28 stati membri, ed essere trattati come i nazionali, è grazie a questo concetto giuridico. Senza dimenticare che il Trattato di Lisbona prevede la discussione al Parlamento Europeo delle leggi di iniziativa popolare, e che ogni cittadino può fare ricorso alla Corte di Giustizia contro il proprio stato se esso ha violato obblighi comunitari.La distanza con le istituzioni sarebbe poi facile da colmare anche un diverso atteggiamento provincialista, della nostra classe politica e soprattutto dei nostri media.
- La creazione di un vero sistema politico europeo. E per questo intendo: costringere gli stati membri ad adottare una normativa comune, una legge elettorale unica, per il Parlamento Europeo, che è la NOSTRA voce in Europa. In secondo luogo, legittimare veramente quella sacra sede e non mandarci i politici in pensione, falliti o cantanti di dubbio gusto. Insomma, intendo eleggere gente con competenze, che conosca un minimo il diritto comunitario ed abbia a cuore tematiche inerenti. In terzo luogo, favorire lo sviluppo di un vero sistema politico europeo, in cui i partiti non siano solo raggruppamenti di quelli nazionali, ma siano come loro presenti sul territorio e con cui instaurino un rapporto dialettico e di influenza reciproca.
- Aumentare il consenso. La legittimità delle istituzioni. Per esempio, stabilendo l'elezione diretta, che passa per il punto appena espresso sopra, del Presidente dell'Unione Europea. Allargando le competenze del Parlamento Europeo (che già ha in mano l'approvazione del bilancio) ed il suo controllo sull'operato della Commissione, non più solamente scelta dal suo Presidente, nominato dal Consiglio, cioè da 27 capi di stato e di governo.
- Creare un soft power europeo. Sembrerà ridicolo, ma l'Europa deve imparare a tornare ad essere “cool”, attraente, attirare consensi e simpatie per una causa comune. Sul piano culturale fortunatamente è innegabile non parlare di una filosofia del diritto tutta europea, senza dimenticare un'eredità letteraria e sociale comune. Ma dobbiamo integrare ancora di più: favorire maggiormente gli scambi dei giovani, tutelare la mobilità del mercato del lavoro, trovare nuovi eroi dell'immaginario collettivo. Tutto per favorire il senso di appartenenza, appunto ad una comunità di destini.
Sull'agire
internazionale dell'Europa parlerò più dettagliatamente nei
prossimi giorni, ora ho voluto offrire solo qualche spunto di
riflessione. Chiudo la mia digressione con una curiosità.
In
questi giorni è uscito uno studio, che dimostra la prossimità
genetica del popolo europeo. Dalla Norvegia a Malta, dal Portogallo
alla Turchia, condividiamo tutti almeno un antenato vissuto mille
anni fa. Ovviamente si tratta di “vicinanza” genetica su scala
regionale, ma con esiti stupefacenti: come il fatto che i tedeschi
abbiano più antenati in comune tra i polacchi che tra gli stessi
tedeschi, così come i britannici con gli irlandesi...
Vi
ostinante ancora a pensare di essere italiani, prima di essere europei?