di Filippo Barbagli
Noi italiani siamo un popolo autocelebrativo, ci piace cullarci nell'idea che la nostra terra abbia dato i natali agli uomini più illustri della Storia. Poteva essere vero fino a qualche secolo fa, anzi, azzardiamoci, in certi ambienti, fino al secolo scorso. Ma il XX secolo, ed i primi decenni di quello attuale hanno regalato la celebrità internazionale a Mussolini, Berlusconi e da qualche giorno, Beppe Grillo (non parlatemi di calciatori, perché, con tutto l'emozionante rispetto, pur sempre di tirà du calci al pallone si tratta). Oggi Beppe Grillo tiene le sorti dell'Italia via Twitter. Chi tiene le sorti dell'Italia tiene quelle dell'euro. E sulle sorti della moneta unica si regge l'Unione Europea. E quindi il destino di 500 milioni di persone. Ed in ultima istanza quello del mondo.
Sono stato volutamente
esagerato, ma tale climax mi serviva per contestualizzare le tre
considerazioni che sto per esprimere. Esse vanno intese in un'ottica
europea, nel senso di come le elezioni nel nostro paese, l'hung
parliament da esse scaturito,
s'inseriscano in questa particolare congiuntura storica che vede una
crisi, quella economica iniziata nel 2007, o meglio i suoi effetti
sul medio periodo, influenzare una resa di conti per troppo tempo
rimandata: il futuro politico dell'Unione Europea.
Il lupo perde il pelo...ma non il vizio.
Prima,
però, voglio esprime un giudizio di valore. Le motivazioni ci
stavano tutte: la politica di austerità del governo Monti, gli
scandali di una classe politica fuori dal mondo e priva di ogni
ritegno, un'esasperazione delle ricadute sociali della crisi, la
voglia di cambiamento, in un paese in cui i profeti del rinnovamento
son figli delle istanze più conservatrici, che darwinianamente cercano
di sopravvivere e perpetuare la loro esistenza. “Tutto cambia
affinché nulla cambi” dicevano. Io lo scolpirei nell'art.1 della
Costituzione.
Perché
possiamo scagliarci contro chi ha rivotato l'uomo che ci ha portato
alla rovina, dimenticandoci a-democraticamente che, purtroppo per chi
la pensa in quella maniera, si trattava del candidato di un certo
schieramento. Possiamo scagliarci contro chi ha votato il M5S, ma non
ha senso. Giuste o sbagliate che siano le motivazioni, vanno
rispettate. Per non cadere nello stesso errore del kapò
del Movimento, un uomo dal cervello spappolato dai deliri di potenza,
come tanti se ne sono visti in Italia, aihmé. Io son pronto al
chapeau verso il M5S
ed i suoi parlamentari, se mi dimostreranno di sapere lavorare per il
bene del paese, e soprattutto a liberarsi del padrone. Freud diceva
“uccidere il padre” come passaggio necessario verso
l'autopercezione della maturità (psicologi e psichiatri mi scaglino
massi interi se dico male). E' necessario. Perché è un uomo, come
Berlusconi e Chavez, che trae il suo potere dagli attacchi dei
nemici. Parliamo del più bieco e mero populismo. La santificazione,
l'esaltazione del potere, fomentata dai “cattivi”, i coglioni che
non condividono le tue idee, che cercano di ucciderci, anche, per
usare parole di oggi, “sputtanarci”. Perché, mi rivolgo a tutti
voi grillini, se avete votato M5S per scuotere questo paese
agonizzante, tanto meglio, ma se ragionate in termini maniachei “noi
siamo nel giusto, gli altri ci vogliono morti”, beh, potete annà a
fanculo. Di razze elette, di aristocratici destinati al potere
autoincoronati migliori governati, ne abbiamo già avuto fin sopra i
capelli.
Resta
un fatto ben preciso da queste elezioni. La maggioranza degli
italiani ha rigettato in blocco la politica di austerità, prescritta
da Monti e dai suoi ministri in lacrime. Chi scrive non è un
economista, nemmeno presunto, e non m'interessa lanciarmi in
apologie/invettive sul rigorismo. Però dobbiamo ricordarci un
concetto fondamentale. Perché oggi con orrore si parla di inserire
nelle costituzioni il pareggio
di bilancio
come obbligo da rispettare. Certo, passi l'idea che uno stato non può
vivere troppo al di là delle proprie possibilità. Però, al
contrario di una famiglia qualunque, uno stato ha il dovere di
garantire l'esercizio di certi diritti per i suoi cittadini, così
come la fruizione dei beni, e -ricordiamoci in questi tempi- il
benessere fisico e materiale. Una politica di soli tagli, di
spending-review, non porta a niente. Perché dai tagli soli non
cresce nulla. Bisogna mirare a far crescere i settori-vettori da
traino di un paese. E questi sono il mercato del lavoro, il welfare,
l'istruzione, la ricerca e -nel nostro caso- le PMI. Togliere un solo
soldo, senza ripensare in maniera strutturale i flussi di
finanziamenti, in questi settori equivale ad ipotecare il proprio
futuro. E noi siamo già messi male. Non fidatevi dei giornali
economici anglosassoni o tedeschi, perché di solo rigore si muore,
chiedete a Portogallo e Grecia.
E
qui entra in giuoco la questione del voto anti-europeo: è un
pericolo non trascurabile. Non perché l'UE sia incriticabile, pura e
figlia di dio, ma perché accostare l'idea di rigore (=soffocamento),
ai soliti grigi euroburocrati di Bruxelles, può creare
fraintendimenti non indifferenti. L'Europa, e qui bisognerebbe che i
leaders di sinistra dei paesi lo capissero (Francia, Danimarca ed ora
Italia) deve avere il coraggio di ritornare ad essere “attraente”,
di fare della crescita e del benessere le sue priorità, di offrire
un modello sociale, basato sul welfare state, che garantisca il buon
vivere dei suoi cittadini. L'Europa non deve essere un tribunale, una
troika, che sentenzia esclusivamente tagli ed austerità.
Io
parto da presupposti idealisti, ritenendomi un europeista. Ma anche
volendo essere dei cinici e pessimisti realisti, ricordiamoci che da
soli non andiamo da nessuna parte. Il XXI sec sarà il tempo dei
giganti nel mondo, correndo da soli rischiamo di essere schiacciati
come grilli su una strada di campagna.
Infine,
per amor del vero, vale l'ultima considerazione. Alcuni commentatori
hanno parlato di “effetto contrario” rispetto alle dichiarazioni
di personalità politiche, a livello europeo od internazionale, sugli
esiti del voto. E' vero, neanche a me Frau Merkel mi sta
simpaticissima, e forse, guardando al clima sociale in cui si sono
svolte le nostre elezioni, se fossi stato un politico dal minimo
acume politico (perdonatemi!), avrei tenuto di più la bocca chiusa.
E metto nel sacco anche il buon Martin Shulz (ti aspetto però a
gloria come futuro presidente della Commissione!). Sempre per i
soliti discorsi sul populismo. Però ricordiamoci che siamo tutti
sulla stessa barca, che l'UE, ed in generale il mondo globalizzato,
si basa su profonde interdipendenze economiche, e nel nostro caso,
anche sociali e politiche. Così a noi dovrebbero interessare le
elezioni in Germania e viceversa, l'ascesa dei nazisti microdotati in
Grecia e le politiche ambientali in Scandinavia. Perché grazie all'UE oggi possiamo parlare di un livello infranazionale
tra le culture ed i sistemi politici dei paesi membri, l'embrione di
un futuro sistema federale. Le decisioni che verranno prese in Italia
si rifletteranno su tutti gli altri. E lì si torna al pensiero con
cui ho esordito.