di Francesco Pignotti
Dunque, dicevamo...
Scenario n°3: Governo Bersani di larghe intese Pd-Pdl-Centro
Che dire? Come ha scritto oggi Verderami sul Corriere della Sera, "è tutto pronto per l'accordo Pd-Pdl, manca solo l'accordo". E infatti qui le poste in gioco sono molteplici e la situazione è molto ingarbugliata.
Che molti premano affinchè veda la luce un governo di larghe intese è sotto gli occhi di tutti. C'è Monti, che, come detto ieri, vuole a tutti i costi evitare le urne e nutre qualche ambizione di ricoprire un ruolo importante in quello che sarebbe un governo sostenuto dalla riedizione aggiornata della "strana maggioranza"; inutile dire che le ambizioni di Monti subiscono un colpo quasi mortale dalla vicenda delle dimissioni del ministro Terzi, emblema di un fallimento tecnico, dopo quello politico, di un personaggio che solo un anno fa avrebbe potuto aspirare a qualsiasi carica disponibile in Italia e non solo. C'è Napolitano, colui che ha ideato, messo in pratica e patrocinato il governo Monti sostenuto dalla strana maggioranza e che non disdegnerebbe affatto, lo si evince abbastanza bene, un governissimo di larghe intese. C'è lo stesso Corriere della Sera (e tutto ciò che ci sta dietro), basta aver sfogliato qualche pagina del quotidiano negli ultimi 15 giorni per capirlo.
Ma cerchiamo di capire cosa significherebbe un governo di grande coalizione per il paese, per il Pdl, per il Pd e da ultimo, ma non per ordine di importanza, per il M5S.
Un simile governo potrebbe davvero realizzare quelle riforme fondamentali, attese ed irrinunciabili che servono come il pane al sistema italiano; riforme di tipo istituzionale, una riscrittura della seconda parte della Costituzione, una nuova legge elettorale (ma nel prossimo post scriverò di difficoltà quasi insormontabili), qualche riforma sul tema della - volgarmente detta - kasta e del finanziamento ai partiti. Una Bicamerale aggiornata, appunto. Ma con gli stessi protagonisti. Non so se funzionerebbe, visti anche i precedenti...
Per il Pdl l'ipotesi di un voto di fiducia ad un governo Bersani è legata a doppio nodo con l'elezione del Presidente della Repubblica. Una trattativa con la quale Berlusconi ha l'obiettivo di accettare (o proporre?) un candidato "moderato", che non sia espressione della sinistra, che non sia, per intendersi, un Prodi o un Rodotà, perchè il rischio che i grillini votino questi ultimi c'è. Ma Bersani dice di non voler trattare sul presidente. L'offerta di Berlusconi per un governo Pd-Pdl potrebbe allora essere spesa in termini elettorali, in vista di nuove elezioni, per dimostrare che la sinistra non vuole il bene del paese ma solamente l'occupazione delle istituzioni. E nel frattempo si riempono (discutibilmente) le piazze. Anche se il "rischio Prodi" alla Presidenza della Repubblica a quel punto sarebbe elevato.
Il Pd sull'ipotesi governissimo sembra spaccarsi (ma va?!). Il fronte del sì vede in prima linea un'inedita accoppiata D'Alema-Renzi, il primo forse per deformazione professionale, il secondo, io credo, per calcolo strategico. Un "inciucione" indebolirebbe il Pd e consentirebbe a Renzi di concorrere a nuove primarie, di cercare di prendersi per tempo il partito e di portarlo, senza bruciarsi nell'immediato, a nuove elezioni. Ma siamo certi che con questa presa di posizione non rischi di bruciarsi ugualmente? Vedremo. Nel frattempo Bersani mantiene ferma la sua linea di opposizione a questa ipotesi.
L'ipotesi di un governo di larghe intese infine concederebbe a Grillo spazi di agibilità sconfinati ed un guadagno in termini elettorali quasi certo, anche se alcuni recenti sondaggi lasciano intravedere quantomeno delle perplessità tra gli elettori del M5S.
Scenario n°4: Governo del Presidente
Nel caso Bersani fallisca il suo tentativo di dar vita ad un governo, senza che nessuno dei 3 scenari appena visti si avveri, alcuni hanno ventilato l'ipotesi di un cosiddetto "governo del presidente". Immagino che tutti abbiano perfetta coscienza di ciò di cui si sta parlando, dal momento che si tratta della storia del nostro paese nell'ultimo anno e mezzo. l'ipotesi sarebbe quella di un governo guidato da una personalità "eminente" e composto da "tecnici" e/o politici provenienti dalla tanto osannata società civile. È il Napolitano-style, buono forse un anno e mezzo fa (non rinnego ciò che dicevo allora, come si può leggere su questo stesso blog), ma non adesso, perchè tutte le criticità nei rapporti Pd-Pdl si ripropongono e perchè Monti e i suoi sembrano impegnarsi a lasciar di sé un pessimo ricordo (dove non è arrivata la batosta elettorale, ci hanno pensatoTerzi, i due marò e i due poveri pescatori - pace all'anima loro!).
Scenario n°5: Governo guidato da Renzi
"Se ci fosse stato Renzi!". È questo l'adagio che va di moda su internet - e non solo - in questo periodo. Questo adagio Renzi deve saperlo sfruttare. E io non credo che farsi incaricare come Presidente del Consiglio in questo frangente sarebbe un buon modo per farlo. I contatti tra Napolitano e Renzi ci sono stati. Ma il sindaco di Firenze sa che in questo modo perderebbe immediatamente i suoi crismi di novità e diversità, e per questo preferisce passare prima per una (doppia) affermazione elettorale. In questo senso si spiega probabilmente la sua strategia attendista di questi giorni ed il suo favore ad un governo a tempo per le riforme. Nonostante le dichiarazioni di qualche esponente "renziano", io credo che un governo Renzi in questa legislatura non ci sarà.
Scenario n°6: ritorno alle urne
Dulcis (?) in fundo. Che cosa può succedere se Bersani non riesce ad ottenere la fiducia e nessun altro (tecnico, politico o Renzi che sia) è in grado di formare un governo che ottenga la fiducia? Si sono fatte numerose ipotesi nei giorni scorsi, il modello Belgio, la proroga(tio) di Monti, quella di Napolitano, un nuovo mandato (a scadenza) per quest'ultimo, con un parlamento senza governo che faccia la riforma elettorale (ma quale???) e quella di abilizione del bicameralismo. Ma per ragioni di costituzionalità o per motivi politici scenari del genere appaiono di difficile praticabilità. Resta dunque l'ipotesi di un ritorno alle urne, subito dopo l'elezione del Presidente della Repubblica, ma a legge elettorale invariata. Rivotare col porcellum significherebbe giocare di nuovo alla roulette al Senato (copyright D'Alimonte anche stavolta), col rischio che si riproduca una situazione identica a quella attuale. E a quel punto sarebbe un dramma per il nostro paese, più di quanto non lo sia adesso. Tutti lo sanno. Ed un cambio di offerta politica in così breve tempo è molto difficile, anche per Matteo Renzi.
Che infatti preferisce rimandare di un po'.