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Questo dubbio amletico mi rimane, ma certamente non sono portato a risolverlo in direzione di una piena libertà lasciata al singolo individuo, nel senso che sulle questioni inerenti alla bioetica, ognuno faccia quel che crede più giusto e lo stato non interferisca, non regoli, non legiferi. Chi mi conosce sa che non sono radicale a tal punto da pensare questo; è giusto che riguardo tali questioni esista una regolazione statale (e del resto è così ormai dovunque). Il problema, niente affatto secondario, consiste in: “quale regolazione?, quali leggi?”.
E allora lo spunto per una breve riflessione mi è dato dalla legge approvata lo scorso 12 Luglio dal parlamento italiano, quella sul cosiddetto “testamento biologico”. Il provvedimento prevede, in soldoni, il no all'eutanasia e alla sospensione di idratazione e alimentazione (che il testo non classifica come terapie e che quindi non possono essere escluse da chi fa la dichiarazione), e l'introduzione della Dichiarazione anticipata di trattamento solo per gli stati vegetativi con assenza di attività cerebrale che dovrà essere accertata definitivamente da un medico o da un collegio di medici. Non mi sembra affatto il testamento biologico previsto in molti altri stati d’Europa e del mondo. Chi mi conosce sa anche che su temi di bioetica non ho una posizione netta e radicale, ho molte riserve, molti dubbi, sono spesso combattuto (pur da non credente) su questioni come aborto, fecondazione assistita, “banca del seme”. Ma sul testamento biologico e sul fine vita no, non riesco a non avere una posizione netta e certa e perciò questa legge mi lascia insoddisfatto, deluso e arrabbiato. L’influenza delle gerarchie della Chiesa è evidente, innegabile ed altrettanto inaccettabile, con la prevalenza netta di una bioetica cattolica - che si ispira alla dottrina della sacralità della vita, dell’inviolabilità e dell’indisponibilità della vita - in un ambito in cui andrebbe invece tutelata l’autonomia e la libertà individuale di decidere in modo cosciente e razionale della propria vita. L’essere umano e la persona sono di principio e di fatto separabili: non è possibile né accettabile mantenere in vita un essere umano a cui mancano quelle funzioni minime che ne fanno una persona per mezzo di un accanimento terapeutico, per mezzo di un sondino, con una nutrizione forzata, quando quella persona aveva precedentemente dichiarato in piena coscienza e libertà di volere esattamente il contrario. E’ questo il punto che critico di più: non chiedo uno stato e una bioetica LAICI IN SENSO FORTE, che obblighino e costringano tutti gli individui su posizioni e a pratiche laiche come l’eutanasia o l’interruzione di terapie e alimentazione; NO!, chiedo molto più semplicemente uno stato e una bioetica LAICI IN SENSO DEBOLE, che si fondino su “un atteggiamento critico e antidogmatico, che, partendo dal presupposto secondo cui non si può pretendere di possedere la verità più di quanto ogni altro possa pretendere, si ispira ai valori del pluralismo, della libertà e della tolleranza e quindi al principio dell’autonomia reciproca fra tutte le attività umane” (Abbagnano).
Insomma, non riesco ad accettare che non venga lasciata la possibilità ai cittadini di decidere individualmente riguardo al “fine vita”, ma venga loro (di fatto) imposta una soluzione obbligata, figlia di una visione dogmatica e, ancor peggio, di pressioni ed influenze politiche da parte di un’istituzione come la Chiesa su provvisorie maggioranze (e non solo) politiche.
PIGNO