27 luglio 2011

La Turchia è Europa?

Questo post lo dedico a tutti i sognatori di un mondo migliore, senza imperfezioni, un posto dove gli sporchi islamici non possono vivere, dove tutti i bravi, onorevoli, coraggiosi, forti uomini possono imbracciare un mitra e sparare a gente che non la pensa come loro, a chi vuole zozzare le nostre città, mettere in pericolo le nostre famiglie e farci fottere il lavoro. Come diceva qualcuno, tanti nemici,tanto onore, pur di migliorare il mondo. Od almeno vederlo al contrario appesi per i piedi alle travi di un benzinaio.
Sono stato sommerso da lettere di protesta per la mia prolungatissima assenza sul blog. Ma le ultime settimane dell’Erasmus richiedevano uno sforzo fisico notevole, ed una volta ritornato in patria, mi sono concesso qualche esame. Col capo cosparso di cenere riscrivo qualcosa. In realtà volevo proporvi un altro argomento, ma l’orrore accaduto in Norvegia qualche giorno fa mi ha spinto a dedicarmi ad un ulteriore soggetto.

Febbre d’Europa
Quando qualche ciccione coglione leghista si lamenta dei costi ed i tempi della burocrazia europea, forse dimentica che c’è qualcuno che questi problemi li sperimenta tragicamente sulla propria pelle. Nel nostro caso non parliamo proprio di una persona, ma di uno stato, la Turchia, e del suo feuilletton per l’ingresso nell’Unione. Sinteticamente: un bel giorno i turchi, ansiosi di essere annoverati nel magico mondo occidentale e gasati della loro crescita economica chiedono di entrare nell’allora CEE (prima che chi scrive nascesse, nell’aprile del 1987), gli europei (per non dire sempre francesi e tedeschi) colti alla sprovvista rimandano il più possibile le scadenze, finché i negoziati cominciano nell’ottobre del 2005 (!), quando secondo le norme dei Trattati quest’ultimi debbano durare circa 10 anni prima di arrivare a delle conclusioni. E così tra un balletto e l’altro i turchi si rompono i coglioni, si scoprono più forti di quasi tutte le nazioni europee ed cominciano ad intraprendere una loro strada, fra l’UE schizofrenica ed il MO sempre più destabilizzato. Insomma, l’ennesima occasione persa per Bruxelles.

Una lunga storia d’ “amore”
La travagliata relazione tra l’Unione Europea e la Turchia ha radici antiche. Fino al 29 maggio 1453 la Basileia Rhomainon – per gli amici l’Impero Bizantino – era e soprattutto era stato un attore fondamentale dello scacchiere geopolitico euromediterraneo e della scena culturale mondiale (forse non ci sarebbe stato il Rinascimento senza l’opera di trasmissione dei manoscritti greci tramiti i savii bizantini, alcuni scappati in Italia a seguito delle invasioni turche). Il suo successore, l’Impero Ottomano, non solo ha regnato per secoli in vaste aree dell’Europa (Vienna ringrazia ancora), ma è stato anche uno dei primi modelli di entità plurinazionale e multiculturale. Istanbul era considerata una delle grandi capitali d’Europa, poco importa se fossero degli infedeli: nell’Europa del ‘500 era peggio essere ugonotti che musulmani. E non scordiamoci che le prime legislazioni nella storia moderna di tolleranza e tutela verso le minoranze religiose sono state emanate da Solimano il Magnifico decenni prima l’editto di Nantes. Poi è arrivata la rivoluzione industriale, l’età dell’imperialismo e la nascita della folle idea della superiorità morale e razziale degli europei che ha avuto il suo apice con nani isterici che istigavano folle ai genocidi ed hanno causato la seconda guerra mondiale. Aggiungo di più: l’apporto dei bizantini alla formazione dell’idea di Christianitas (l’Europa cattolica tutta unita et felice) è stato fondamentale e solo dopo la Chiesa romana ha individuato nei turchi, o meglio, nel califfato insediato ad Istanbul, il male, il nemico da combattere. E così Lepanto da classica sana battaglia per il potere su un territorio si è trasformata in lotta tra bene e male, dio e satana e cincischi vari. Insomma, l’Impero Ottomano è sempre stato considerato parte dell’Europa, certo un usurpatore del trono di Costantino, ma pur sempre un attore europeo: la distinzione religiosa con l’Islam non contava più di tanto rispetto alle altre dell’epoca. Ma le cose cambiano: l’ascesa dell’imperialismo europeo, la decandenza dell’Impero, la nascita dei nazionalismi (ricordatevi, secondo la tradizione romantica, una nazione è fatta da un popolo,una lingua ed una religione), accentuano la frattura simbolica fra Cristianesimo ed Islam, e ci ricascano anche gli Ottomani:così il sultano/califfo Abdul Hamid II userà l’elemento unificante della religione per trattenere i nazionalismi e rinforzare il suo potere: sarà lui, nonostante le origini della madre, a cominciare il genocidio degli armeni. Poi la rivolta dei Giovani Turchi lo deporrà nel 1909, salirà sul trono il fratello Mehmet V che, alleandosi con gli imperi centrali, dichiarerà la jihad contro la Gran Bretagna nel 1914, guarda caso l’unica avversaria nel Medio Oriente. Ed il giuoco è fatto. Tuttavia la Grande Guerra trascina con sé nell’oblio anche il trono ottomano, mentre un tale Moustafà Kemal guida una rivoluzione nazionalista contro gli invasori stranieri e fonda la moderna repubblica turca. Ataturk – nonostante rimanga un dittatore – aveva un progetto visionario, e trasformò quella che era stata la più grande teocrazia islamica in uno stato secolarizzato ed avviato alla modernizzazione. Et voilà alla seconda guerra mondiale, la Turchia resta neutrale fino al febbraio del ’45 (…): partecipa poi al piano Marshall, la via d’accesso per essere tra i fondatori del Consiglio d’Europa nel 1949.

“Dimentica Istanbul”…ma non le sue moschee
L’anno scorso ho visitato per la prima volta la Turchia. Ricordo che durante il viaggio in aereo tra Roma e Istanbul pensavo continuamente “insomma, saranno europei o no sti turchi?”. Ma già partivo con il piede sbagliato: Istanbul è un caso particolare, una metropoli su due continenti, incentrata sulla magnificenza del Bosforo. Poi esiste la gran parte della Turchia, che si estende fino al lago Van, il povero Kurdistan, i confini con l’Iraq o le montagne del Caucaso. Nonostante l’odore di spezie, i richiami registrati dei muezzin dai minareti delle splendide moschee, Istanbul rimane una metropoli europea, trafficata, cosmopolita: basta passeggiare per İstiklâl Caddesi o aggirarsi dentro Santa Sofia per rendersene conto. Il resto della Turchia è diverso, ma la differenza non è più grande di quella tra Palermo e Rovaniemi.
Nelle serate erasmine di Aix ho spesso parlato con una ragazza turca della questione dell’ingresso del suo paese nell’Unione. La prima cosa che lei mi disse fu “dimentica Istanbul, la Turchia è un’altra cosa”. Ora, la figliuola in questione era contraria all’adesione, nonostante si buscasse 500 euri al mese dalla Commissione Europea per il suo erasmus (per la gioia dei filoeuropeissimi belgi che,senza un governo, non ricevevano niente). E m’ha sempre adito la stessa causa: l’Islam. Si perché, la Turchia, nonostante sia un paese secolarizzato e teoricamente laico, ha il 99% della popolazione musulmana.  
Religione = cultura?
E’ buffo che l’ex presidente francese, Giscard d’Estaing si è dichiarato sempre contrario all’ingresso della Turchia. Ovviamente adducendo motivi culturali. Ma la sottile differenza con la religione non sfugge. Ha forse paura che un paese così popoloso e così musulmano possa mettere in crisi un’Europa laica che ancora non esiste? Almeno non pecca di coerenza, visto, da buon républicain, si era opposto all’inserimento delle “radici cristiane” nel progetto di Costituzione del 2004. Altre storie. O comunque aveva paura che un paese forte demograficamente ed economicamente come la Turchia scalzasse la belle France dalla sua diarchia con la Germania? Basti pensare a come si assegnano i seggi al Parlamento Europeo…Ma invece, quale migliore occasione per un’Unione ancora in fase di ricerca della propria identità e simbologia di accogliere un paese islamico ma costituzionalmente ed anche culturalmente laico? Smettiamola con le stupidaggini Asia contro Europa, Cipro è uno stato al 100% asiatico e nessuno ha aperto bocca nel 2004. Oppure Malta: Africa e supercattolica. Molti francesi hanno paura che il sistema laico, l’unico possibile per permettere il multiculturalismo ed il pluralismo nell’Unione, sarebbe messo in pericolo dall’ingresso della Turchia. Ripeto: e paesi come l’Italia allora? Il problema vero è la religione o l’islam? La Fallaci nei suoi deliri senili invocava lo spettro dell’Eurabia. Secondo questo ragionamento dovremmo già espellere certe città dall’Europa, in primis Marsiglia. La paura, la diffidenza, l’odio non dichiarato e latente dopo l’11 settembre è ancora forte. Lo scontro di civiltà postulato da Huntington avverrà solo se lo vorremo noi, se continueremo ad essere guidati dalla paura. Apriamo gli occhi, nonostante lo strapotere dell’esercito ed altri pericoli per la democrazia (come il famoso articolo 301 del codice penale turco, chiedete a Pamuk), la Turchia è l’unico vero caso di paese musulmano dove vige un sistema democratico e lo stato di diritto, non le dittature di Mubarak o Ben Ali, e la Primavera Araba lo dimostra. Abbiamo la possibilità, potenziata da un eventuale ingresso nell’Unione, di migliorare e sostenere l’unico paese islamico democratico e laico. Perché finora la combinazione Islam,democrazia e laicità non ha funzionato nella storia. E l’Europa deve cogliere quest’occasione. Perché essa non ha solo radici illuministiche, greco-romane, cristiane e via dicendo, l’Europa è anche islamica. Poiché è un’idea, un sogno, uno spazio di libertà e pace, di pluralismo e multiculturalismo. La questione dell’ingresso della Turchia nell’Unione è figlia anche del rapporto fra Occidente ed Islam, ma l’Occidente è una nostra creazione, noi dobbiamo pensare nei termini di Europa ed Islam, così come Europa e Cristianesimo etc. Bisogna capire che in realtà il fondamentalismo islamico, alla stessa stregua di quello cristiano od altri, non sono altro che la stessa faccia della medaglia: un rantolo di odio,violenza ed intolleranza, di credenze universali che stanno vivendo sia con drammaticità che dinamismo lo stesso processo, il passaggio ad un mondo globalizzato e pluralista, a cui alcune frange cercano disperatamente di opporsi. Dire che la Turchia non può entrare perché è musulmana vuol dire che l’Europa è contro i musulmani, o che è cristiana od altre sciocchezze.
Io voglio un’Europa che vada dal Finisterre al lago Van, dalla Lapponia a Lampedusa. Dobbiamo considerare la religione non come un fattore escludente, ma come una caratteristica, anche una potenzialità da aggiungere al pluralismo europeo, la nostra forza.

Nemici interni ed esterni
La questione dell’islam non è l’unica da considerare parlando dell’ingresso della Turchia nell’Unione, e comunque va analizzata in tutti i suoi aspetti: l’intolleranza, la paura e la violenza sono patrimonio dell’umanità ed anche di frange,gruppi e pure masse estremiste. Così tristi episodi come la persecuzione dei cristiani hanno degli echi pure in Anatolia, ed il caso di don Santoro lo dimostra.
Tuttavia voglio abbandonare la religione e parlare velocemente di qualche altro soggetto inerente al nostro tema. Lascio correre chi, soprattutto in Italia, avoca deficit di democrazia nel sistema politico turco.
Partiamo dal nocciolo fondamentale: l’esercito. La Turchia possiede il secondo esercito, per numero di effettivi, della NATO (circa 610,000 soldati). Al vertice si trova il Consiglio di Sicurezza Nazionale, eminenza grigia del potere politico, protagonista di vari interventi nella vita politica del paese, come il colpo di stato del 1980.
E qui parliamo di kemalismo: per capire, bisognerebbe visitare l’Anitkabir, il maestoso e troppo pulito mausoleo di Ataturk ad Ankara, una vera chicca asiatica: all’ingresso del salone dove si trova il sarcofago del pater patriae, troverete scolpito nel marmo il suo testamento politico, l’ultimo discorso all’esercito, pronunciato nell’ottobre del 1938. Esso si conclude con l’appello a difendere la nazione da ogni pericolo, sia esterno che interno: a buon intenditore….E così l’esercito si è trasformato nel garante del sistema secolarizzato e laicista voluto da Ataturk. Peccato che poi la libertà di movimento finisce tutta sotto la discrezione dei militari. Che ovviamente finiscono per opporsi all’altro potere rivale, quello religioso, potenziato dalla natura stessa della religione islamica. I casi sono tanti: dall’Iran dello Scià all’Egitto di Mubarak, dove però l’esercito ha accettato la sfida, scaricato il fantoccio pur di mantenere ancora il potere. Si vedrà.
Legata all’esercito abbiamo un’altra spinosa questione, quella di Cipro: il nord dell’isola è occupato dal 1974 dall’armata ottomana, mentre la Turchia a riconosciuto, unica tra i paesi del mondo, il suo stato fantoccio. Chi scrive è favorevole solo all’unificazione dell’isola sotto la repubblica greca dell’UE, dove la minoranza turca sia tutelata adeguatamente. Ma fra il dire ed il fare, soprattutto in politica internazionale…..I sogni neottomani della Turchia si dovrebbero ridimensionare in questo senso. Anche perché i rapporti con la povera Grecia rimangono molto aridi.
E cosa dire del già citato articolo 301 del codice penale, che vieta le offese alla repubblica? E così quando ero in hotel ad Istanbul, non potevo vedere youtube, censurato per via di alcuni commenti critici a Cipro del Nord.
Per chi ama le teorie cospirazioniste, i complotti, i legami tra politica,mafia e forze armate basti citare lo scandalo Ergenekon, un’operazione Gladio de noattri, che sta venendo alla luce in questi mesi, occupando spesso le prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali. Insomma, tutto il mondo è paese. L’Italia e la Turchia non sono così lontane. Od almeno in quest’ultima è nato un dibattito sul proprio problema interno: le relazioni pericolose delle proprie forze armate. Comunque di Ergenekon parleremo presto più precisamente su questo blog.
Purtroppo il cocktail esercito,religione e violenza non è esaurito, e non possiamo tralasciare il discorso spinoso del genocidio degli armeni e dei cristiano assiri. Non c’è bisogno che citi numeri e quantità, sarebbe vile, ma trovo più scandaloso il fatto che la comunità internazionale non pressi abbastanza affinché la Turchia riconosca il proprio errore/orrore. Sarebbe in primo luogo un passo in più nel rafforzare il proprio sistema democratico, ed in secondo di fornire un grande esempio ad altri paesi che si hanno scheletri nell’armadio. L’Unione deve essere categorica. Non si entra finché non si riconosce il genocidio.
Ed ovviamente la Turchia deve rivedere il suo approccio nei confronti della popolazione curda, la sua politica verso il PKK (e viceversa): diritti delle e per le minoranze devono rimanere un soggetto prioritario nelle trattative. Ma il Kurdistan rimane chiuso tra Caucaso,Siria,Iran ed Iraq e questo ci dimostra come l'Europa sia ancora lontana, idealmente e geograficamente.
Concludendo, le questioni aperte rimangono tante, io ne ho solo citate approssimativamente alcune (e non ho toccato la pena di morte, i diritti lgtb etc..), ma icomunque invoco ad un cambiamento di approccio alla questione. Non deve essere un calcolo religioso o soprattutto culturale: decidere se far entrare la Turchia in Europa deve essere un calcolo politico, così come l’Unione dovrà essere un’entità politica in futuro. E’ su quel piano che si gioca la partita, che si guadagna il vantaggio.
Così rispondo alla domanda: sì, la Turchia è Europa e deve entrare nell’Unione.
Non metto in dubbio che sarà un processo lungo. Intanto mi accontento di piccoli episodi. Come quello di una sera ad Aix, circa un mese fa: c’era un rave party/concerto con pogo nella piazza di fronte alla mia scuola, lo Sciences Po. Tra gente scoppiata e sbronza, bottiglie volanti, urla,danze e schiamazzi ho visto due ragazze, una greca e la turca di cui parlavo prima, abbracciarsi come amiche da sempre quando i nostri gruppi si sono incontrati. Eppure i loro nonni si uccidevano a vicenda, i loro padri si detestano, mentre loro, grazie all’erasmus, si volevano bene quella notte. L’erasmus è questo, puntare sul futuro per un’Europa migliore. Ed io quella sera vidi quest’Europa.
BARBA