1 maggio 2011

Federalismo sì, questo no!

Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, si può inserire l'Italia a buon diritto nel gruppo dei paesi che hanno una forma di stato più o meno federale, diceva Bassanini ad un convegno sul federalismo fiscale a cui ho assistito qualche tempo fa. Ed è interessante notare, continuava lo stesso, come, trascorsi 10 anni da quella riforma, esponenti di parti politiche diverse rivendichino la paternità di quel testo.
Ho riflettuto che, se due esponenti di parti politiche opposte "duellano" per vedere riconosciuta non l'altrui, ma la propria!, paternità di una riforma come quella del 2001, beh, allora qualcosa di buono, di
positivo sarà venuto da questa! Ed infatti, come sosteneva appunto Bassanini ieri, con tale riforma lo stato italiano si è incamminato lungo un sentiero che lo allontana dal modello di stato unitario e centralistico per indirizzarlo verso un modello di stato più federale, attraverso la cessione di determinate competenze, compiti, obblighi dallo Stato alle regioni.
Recentemente, come noto, il governo ed il legislatore sembrano voler proseguire su quel sentiero, soprattutto attraverso l'approvazione e la messa a regime del cosiddetto federalismo fiscale. Le idee di partenza, i principi generali da cui nasce il federalismo fiscale mi paiono opportuni e condivisibili, come quelli della lotta agli sprechi, di una maggiore trasparenza, razionalità e semplicità del prelievo fiscale, di una maggior responsabilità nell'operato delle regioni e degli enti locali, di un abbassamento della pressione fiscale sul cittadino, etc. etc. Tuttavia la l. 42/2009 è chiara nell'affermare che essa stessa è solo una norma di indirizzo e che la sostanza, la concretezza e l'effettività del federalismo fiscale è da ricercarsi nei decreti attuativi. E dunque, rivolgendo l'attenzione su di essi (su quelli per ora approvati), si può vedere come ci siano alcuni punti critici, alcune difficoltà, alcune norme che rischiano di provocare dei risultati non solo inattesi e indesiderati, ma persino opposti rispetto alle finalità che ci si prefiggevano. E' il caso, ad esempio, della possibilità dell'aumento dell'addizionale Irpef sui redditi da parte dei Comuni, o della "cedolare secca" sugli affitti, che finisce per avvantaggiare solamente i redditi medio-alti e penalizzare l'affitto a canone concordato, o dell'IMU, con un'aliquota base a partire dal 30% in più rispetto alla vecchia ICI, o ancora del decreto sui fabbisogni standard, in cui non si tratta dei costi standard che dovrebbero determinarli, con il rischio concreto di spaccare in due l'Italia e penalizzare gli enti locali delle aree più deboli, etc. etc. Un'ultima, non trascurabile pecca consiste nel fatto che non è data agli amministratori locali la possibilità concreta di risparmiare e di ritoccare al ribasso le aliquote (qui il problema è il "troppo poco federalismo"!).
Insomma, io credo che il federalismo (fiscale e non) sia una novità importante per il nostro paese, un'occasione, un'opportunità. Personalmente non credo, come alcuni temono, che federalismo significhi disgregazione, disunità, perdita del senso della nazione, dello stato, del sentimento nazionale. Se questi problemi esistono, non dipende certamente dalla forma di stato di cui ci dotiamo. Credo invece che il federalismo sia qualcosa che si collega e realizza il concetto di sussidiarietà, una concreta possibilità per i cittadini di ricevere servizi essenziali dai livelli di governo più vicini a loro, di poter controllare meglio chi li governa e amministra la loro realtà, un'opportunità per la trasparenza, con bilanci comunali controllabili dagli stessi cittadini, tassazioni trasparenti, meccanismi di responsabilizzazione ed incentivi a spendere bene, una spinta per la classe politica ad agire davvero in favore della comunità. Quindi, FEDERALISMO Sì, per come la vedo io.
Ma se federalismo in Italia significa QUESTO FEDERALISMO, il federalismo municipale che esce dai decreti attuativi ad esempio, frutto di una grande fretta e testardaggine politiche di certa parte nel voler fare a tutti i costi e in tempi rapidi quello che invece richiederebbe tempi tecnici più lunghi, riflessione, procedure più graduali e scelte più razionali ed efficienti, allora no, grazie.
Perchè, alla fine della fiera, il cittadino che doveva beneficiare di questa "riforma epocale", non finisca per pagarla invece a caro prezzo sulla sua pelle.
PIGNO