Ilaria Lezzi
Alla luce delle frenetiche dinamiche geo-politiche del Sud-Est asiatico, dalla crisi nucleare coreana, alla contesa su preziose isole, all'emersione del ruolo globale della Cina, il Giappone di Shinzo Abe -che conserva ancora gli strascichi dell'assetto post-bellico- intende riprendersi la forza militare di cui è stato privato nel 1945, in modo da poterla amalgamare alla sua muscolatura economica e sentirsi quindi attore a pieno titolo nello scacchiere regionale ed internazionale. In questo siparietto, che ruolo hanno gli Stati Europei - la stessa europa che ha vissuto, come gran parte del continente asiatico, sotto l'ombrello protettivo americano -in un momento di palese affaticamento internazionale degli Stati Uniti?
L'evoluzione del mondo multipolare allarga il concetto di sicurezza, un concetto che non è più strettamente connesso alle minacce militari ma esteso a nuove acute sfide; un concetto che non è più solo Stato-centrico ma che coinvolge tanto singoli individui quanto la comunità globale. L'accento sulla sicurezza Euro-Asiatica è più che remoto ma ora diventa più forte e visibile. Sia l'Europa che l'Asia sono consapevoli che mentre l'incredibile crescita economica mista agli asian values stanno delineando il "Secolo Asiatico", la regione è altrettanto impegnata in complesse crisi endemiche e controverse rivalità storiche. Da una prospettiva asiatica, rispetto alle tortuose linee che la sicurezza politica e militare sta seguendo rischiando di attorcigliare tutta l'area, non sarebbe male guardare al passato europeo e alla sua esperienza nel gestire i conflitti, superarli e costruire un clima di pace. Non si tratta di copiare il trascorso europeo: i due assetti sono diversi e assolutamente non sovrapponibli per conformazione socio-culturale e storia politica. Ben sarebbero felici i realisti purosangue, davanti a questo scenario, nel definire una riedizione della storia europea a occhi a mandorla, in virtù della giustificazione ciclica del corso delle relazioni internazionali. Per un certo verso vero, ma il tutto va preso con le giuste pinze. Qui si tratta soprattutto di capire come le due regioni stanno affrontando la delicata questione della sicurezza, connotazione che ora, rispetto al secolo scorso, affligge l'area del Pacifico e come, entrambi, sembrino collaborare a riguardo. Perché gli Europei sono interessati alla sicurezza di quell'area? Non parliamo mica di Mediterraneo o dei fiordi dell'Artico! SI sa, la prossimità territoriale, in un mondo di distanze accorciate e ripercussioni amplificate di crisi settoriali, non è più la discriminante per un impegno del genere. Il continente europeo è ben consapevole delle implicazioni globali dell'instabilità asiatica, ed ancora, non solo per mantenere intatto il proprio capitale economico e commerciale in zona.
Storicamente, l'attitudine europea verso la lo squarcio asiatico è stato definito "comprehensive approach". Un'attitudine ricercata che ha configurato una percezione europea da potenza soft in Asia. Oltre ai ricercatissimi legami economici, gli europei si sono impegnati in battaglie di diritti umani, a sviluppare piani di assistenza umanitaria, a supportare tematiche regionali e a promuovere il ruolo asiatico in iniziative multilaterali. L'Unione Europea è stata tutta d'un fiato impegnata nella mediazione nel Timor orientale, Aceh, nelle Filippine, Afghanistan, Birmania, nella lotta alla pirateria e nel sollievo da calamità naturali.
Niente di nuovo, si penserà. Ma i più forti attori europei stanno seguendo nuove dimensioni di engagement con la regione: la difesa, per esempio. La difesa non ha una struttura statica, ha a che vedere anche con la mutevole competitività economica. In poche parole è un mercato. Perciò gli europei stanno fornendo supporto e materiale logistico in mole e qualità non indifferente agli acquirenti asiatici, dall 'aeronautica militare, al sistema navale a nuove armi in via di sperimentazione. Si pensi che una dei maggiori partner militari è la Norvegia. Sì, la pacifica terra che dai conflitti mondiali è stata coinvolta solo in modo passivo, che mai ha manifestato artigli o propensioni belliche nemmeno nel fornire le istruzioni sulla costruzioni dei mobili di gran parte delle nostre case. Con lo sviluppo del missile navale (NSM), le forze armate norvegesi hanno stabilito il Kongsberg Gruppen e altre industrie norvegesi al top nella classifica della costruzione di missili a lungo raggio hanno pianificato ingenti forniture con accordi di breve e lungo periodo nella regione.
Va anche detto che l'Europa non è poi così lontana dall'Asia e caldi teatri come quello di Taiwan, della Corea del Nord, le tensioni marittime nel Mar Cinese Orientale ed in quello Meridionale sono strettamente legate con la stessa sicurezza europea se pensiamo alla libertà di navigazione, al commercio euro-asiatico pertanto sarebbero anche legittimati ad agire in questa direzione, in chiave di autotutela. Se da un lato è fondamentale sottolineare, per esempio, che l'acquisizione dei missili Taurus MBDA-SAAB da parte della Corea del Sud tenderebbe a rafforzarne la dottrina militare della Repubblica di Corea, per quanto si operi nella deterrenza da oramai sessant'anni, pare più che esemplare concentrarsi sulle relazioni connesse alla sicurezza tra Europa e Giappone. Sono le due aree che, quanto a sicurezza, più rappresentano la scia a stelle e strisce dell'assetto post-bellico. Entrambe hanno vissuto, con relative divergenze, sotto l'ombrello statunitense. Europa e Giappone sono percepiti dalla comunità internazionale come importanti potenze “soft”, per le quali, dalla chiusura del sigillo post-bellico, la sicurezza è stata riposta in fondo alla lista delle preoccupazioni. Ma i cambiamenti dell'ecosistema geo-politico sono percepiti e ben compresi dai due giganti economici. Sin dalla sua elezione come Primo Ministro del Giappone nel Dicembre 2012, Shinzō Abe ha incrementalmente manifestato che al Giappone il tema della sicurezza sta molto a cuore. Tokyo ha bisogno di estendere il perimetro della sua cooperazione di difesa con nuovi partner, inclusa l'Unione Europea. E precisamente, riguardo le sue recenti intenzioni di un aumento della circoscritta forza di auto-difesa giapponese -"con il solo scopo di giocare un ruolo nel pacifismo attivo", ha precisato- le attese nipponiche verso il continente europeo sono ben ambiziose. Le maggiori preoccupazioni giapponesi riguardano prima di tutto il forte ruolo della Cina e con esso l'intensificazione delle dispute marittime (la contesa sulle isole Senkaku/Diaoyu, ndr.), la questione nucleare coreana ma soprattutto il fatto che tali sfide non siano limitate ad un baricentro regionale. Il Giappone si sente un Stato incompleto nel contesto internazionale di cui i suoi vicini sono i più forti.
Aldilà delle beneaccette manifestazioni di prossimità diplomatica, gli europei come intendono rispondere alle nuove sfide per la sicurezza asiatica? L'esempio lampante è l' UK-Japan Defence Equipment Cooperation Framework e un Information Security Agreement siglati lo scorso luglio da Gran Bretagna e Giappone, cementificando la base legale per la cooperazione e la difesa tra i due. Questo accordo fa della Gran Bretagna il primo Paese al mondo a stringere un accordo tanto esaudiente di partecipazione congiunta in ambiti così scottanti. La collaborazione spazierà dalla produzione e tutela chimica, biologica, radiologica seguita da progetti industriali congiunti. E' il segno tangibile di una pura cooperazione e non di un unilaterale, missionario approccio occidentale di supporto logistico e materiale. Le due regioni si trattano come pari e hanno ben compreso di rapportarsi con le medesime perplessità nelle dinamiche evolutive del mondo multipolare.
L'Europa ed il Giappone non si sono abbastanza sondati quanto a garanzia reciproca di sicurezza. Nonostante la crisi dell'Euro-zona, il continente europeo continua il suo impegno ed attenzione verso quello asiatico. Dal canto loro, dimostrando la sua fiducia verso il futuro economico europeo, i Paesi asiatici hanno contribuito alla stabilizzazione dell'Euro. In un mondo in cui le minacce della sicurezza hanno volti mai esplorati ed in continuo progresso, creare solide partnerships con attori che, seppur lontani geograficamente, mostrano una vicinanza di approccio ai fatti internazionali – come appunto il Giappone – non è mai stato così importante per noi europei. Riusciranno l'Unione Europea ed il Giappone, la prima giungendo ad una concreta politica estera comune ed il secondo scrollandosi di dosso il passato bellico, ad impegnarsi a pieno nella sfera della sicurezza e innalzare i pilastri delle basi che stanno costruendo?