Giovanni Barbagli
Prendo
spunto dall' "interessante" conversazione tra la Gruber e Matteo Renzi a 8 e Mezzo per scrivere due righe su un argomento a me molto caro: l'istruzione
superiore in Italia.
Tralasciando
l'incredibile ( tale per un personaggio che vorrebbe essere il leader politico
di questo paese ) ignoranza sull'argomento, mascherata dalla sua solita
retorica, quello che mi stupisce di più è che non ho sentito nessuno nè in
questa intervista nè in altre costruire. un discorso concreto sull'Università
Italiana.
Ci
provo io.
Ad
oggi tutti fanno un gran parlare di ranking, il primo è proprio Renzi che cita
correttamente la non invidiabile
posizione dell'Ateneo di Bologna il quale vanta la 188° posizione nella
classifica mondiale, primo tra le Università italiane.
Ma
queste liste servono a qualcosa, davvero? In un paese come l'italia ovviamente
la risposta è "no". Questo, a mio parere, perchè l'Università
Italiana si basa su di un finanziamento pubblico, non ha grandi afflussi di
studenti dall'estero ( cioè non ha molto appeal ) e quindi la posizione nel
ranking non influisce, come succede in altri paesi, sui fondi che essa riceve o
sugli studenti che fanno domanda per essa. Detto ciò, è veramente come ha detto
il nostro sindaco, che il vero problema dell'università sia il
"gelminiano baronato"?
Anche
qui, secondo me, la risposta è "no". Non fraintendiamo, il problema
esiste, eccome, ve lo dice chi ha vissuto e lavora nel mondo dove il baronato
si esprime nelle sue forme meno eleganti e più concrete ma non è questo che
frena gli Atenei e lo si può dimostrare.
Dati alla mano, possiamo smentire immediatamente due luoghi comuni: troppi
laureati/ troppi professori ed un offerta formativa ipertrofica per abitante.
Infatti questa storia è stata per anni ripetuta a tutti dalla maggior parte
degli organi di stampa, ma è davvero così?
Fig.1 Numero di Atenei per abitante |
Come spesso accade, no, e lo dimostriamo dati alla mano. In Italia, considerando anche le Università Telematiche ( sulla qualità formativa delle quali non mi esprimo ) il numero di Atenei per milioni di abitanti è imbarazzante (Fig.1) così come, anche peggio, è il dato relativo alla % di abitanti tra i 25 ed i 34 anni con un titolo di studio (Fig.2). A
mio parere il dato incredibile è proprio quest'ultimo, soprattutto perchè è in
netto contrasto con l'opinione pubblica che ormai in Italia tutti fanno
l'Università e non lavorano, che i giovani Italia si parcheggino negli Atenei,
supportati da mamma e babbo. Dati alla mano, non è così.
Fig.2 Percentuale della popolazione “giovane” con in mano una laurea
|
Detto
ciò, torniamo al problema del ranking. Dell'utilità nel nostro paese ne ho già
discusso, quello che mi preme è focalizzarmi su due argomenti principali:
-
concorrenti nella classifica
-
l'unico ranking che dovrebbe contare per le università
-Riguardo
ai concorrenti, per essere
paradigmatici prendiamo la prima della classe cioè la Harvard University, che ognianno riceve la bellezza di quasi 5MLD $, con cui deve amministrare nove
Facoltà mentre l'Università Italiana, TUTTA, prende tal FFO nemmeno 6 MLD, peramministrare 66 Atenei. Come si fa a concorrere ad
armi pari? Impossibile. Si potrebbe parlare dell'argomento "finanziamento
all'università" ma il discorso sarebe lungo, troppo e magari scriverò
qualcos'altro in questi giorni.
-
I rankings che vengono
pubblicati ogni anno e che ogni anno ci ricordano come l'italia sia fuori
classifica non sono specchi veritieri della "salute" della ricerca
universitaria in Italia. Da un lato questo ci denigra perchè facciamo sempre la
figura dei perecottari, dall'altra ci dovrebbe esaltare perchè nonstante la
situazione allarmante appena descritta se andiamo a vedere i dati pubblicati daSCIMAGO, per il periodo 1996-2012 l'Italia si posiziona ad un invidiabile ottavo posto. Questa particolare
classifica viene stilata in base al numero di articoli accademici accettati
dalle riviste di riferimento e di citazioni in altri articoli e libri di testo
degli autori degli stessi. Cioè valuta il "peso specifico" di ciò che
gli universitari italiani pensano e scrivono, ossia l'importanza che la ricerca
italiana ha nel mondo. Ecco allora che, secondo me, questa dovrebbe essere l'unica
classifica utile per valutare la salute dell'Istruzione Superiore nel nostro
paese.
Ora,
quindi, cosa ce ne facciamo degli "hub della ricerca" proposti da Renzi?
Ovviamente
nulla, trattasi di altra proposta demagogica che in concreto non significa
nulla. Invece di riprendere vecchi temi dell'epoca nera della Gelmini perchè il
sindaco non parla di come passare più fondi alla ricerca e di come trovare
ulteriori sovvenzioni per i nostri Atenei Il sottoscritto ha un idea molto
diversa da quella della maggior parte della gente con cui ha parlato su come
dovrebbero arrivare i fondi alle Università, idea su cui non mi soffermerò ma
vorrei che i nostri presunti leader cominciassero a parlarne, a discutere meno
di Ruby e più di Uni.